Un tempo, quando le abitazioni prive di
impianti di riscaldamento erano delle vere e proprie neviere e il freddo
intenso s'infilava anche rintra u cornu
ro vuoi, u maritieddu era
compagno fedele e inseparabile delle donne, sia di giorno, sia di notte a
letto.
Il braciere veniva posizionato nella stanza abitualmente più
frequentata e lì rimaneva per tutta la giornata, a disposizione di tutti; lo
scaldino, invece, tenuto in mano, accompagnava la donna fin dal primo mattino
in tutti i suoi spostamenti per andare a
finire sulle sue ginocchia o sotto la sua veste quando essa aveva l'opportunità
di sedersi.
Dal “San Giovanni Decollatu” di Nino Martoglio rileggiamo il seguente
delizioso passaggio:
Massara Prudenzia: "...Patri nostru ca siti
'ntra li celi... 'u sintiti stu ventu?" .
Massaru Caloriu: "Sia santificato il vostro
nome... u sentu ….".
Prudenzia: "Sarvi rigina... chi fetu! ...".
Caloriu: "Matri ri misiricordia ... Veru è!...".
Prudenzia: "Vita, durcizza, spiranza nostra... U
sa’ di unni veni?".
Caloriu: "Ppi salvaricci ... A mia mi pari fetu
d'arsu....".
Prudenzia: "A vui ricurremu, figghi d'Eva... E di
unni?... Chi c'è focu addumatu?...".
Caloriu: "Chiancennu e lagrimannu, 'ntra 'sta
valli di lagrimi... C'è paura c'hai 'u monucu di sutta?".
Prudenzia: "Vih, ca veru è, malu pri
mia!...".
Caloriu: "Gesù binidittu... Doppu ca tu, sempri
ccu 'stu monucu di sutta!...".
La sera, 'a cunculina, con la brace ravvivata ma coperta con cura di cenere
e sospesa al gancio interno del circu
(scaldaletto), si collocava sotto le
coperte del letto dei più piccoli e poi eventualmente nel letto dei genitori.
Il circu, un attrezzo fatto di
assicelle di legno ricurve a forma di cupola, tenendo sollevate le
coperte, permetteva allo scaldino di
diffondere il calore uniformemente aggredendo la cortina di gelo e di umidità
che avviluppava le lenzuola. Chi non ha avuto l'occasione di vivere questa
esperienza, difficilmente potrà capire cosa significava nelle fredde serate
invernali trovare il letto caldo, di un calore avvolgente e rassicurante.
Tutto questo fino ai primi anni sessanta del secolo scorso.
La materia di cui era fatto lo scaldino era varia: creta, legno, latta
nuova o riciclata (quella delle acciughe sotto sale, ad esempio), rame,
argento.
Gli scaldini di creta avevano il coperchio bucherellato e potevano
essere a due, a quattro, a otto manici, col manico a paniere, senza manico, ed
erano prodotti a Caltagirone, a Nicosia, a Caltanissetta, a S. Stefano, a
Burgio, a Ciminnà, in altri centri ancora.
Di creta era, per l'appunto, lo Scaldino di Papa-re nella novella
eponima di Pirandello:
"... Papa-re stava,
d’inverno, ogni notte fin dopo il tocco, a morirsi di freddo nel chiosco,
pisolando, con la sua mercanzia davanti: sigari, candele steariche, scatole di
fiammiferi, cerini per le scale, e i pochi giornali della sera.
Sul far della sera, veniva al
chiosco e aspettava che una ragazzetta, sua nipotina, gli recasse un grosso
scaldino di terracotta; lo prendeva per il manico e, col braccio teso, lo
mandava un pezzo avanti e dietro per ravvivarne il fuoco; poi lo ricopriva con
un po’ di cenere....Non avrebbe potuto resistere al freddo della notte per
tante ore, senza quello scaldino, ... Non gli restava piú altro di bene nella
vita che quella bambina e quello scaldino.
... L’altra sera, intanto, o che
avesse l’anima più imbecillita del solito, o che si sentisse piú stanco, nel
mandare avanti e dietro lo scaldino, tutt’a un tratto, ecco che gli sfugge di
mano, e va a schizzar là, in mezzo alla piazza, in frantumi...
Nonno e nipotina si guardarono
negli occhi, rimminchioniti...".
In una parola, in un verbo, è racchiuso tutto il dramma di un uomo a
cui non restava piú altro di bene nella
vita che quella bambina e quello scaldino. Da questo quadro si può
facilmente comprendere l'importanza di questo modesta ma essenziale fonte di
calore per quei tempi (la novella fu scritta nel 1905).
Quelli di latta o di rame, con o
senza coperchio, potevano essere a un manico (erano simili al tegame) oppure,
le ultime versioni erano dotate di listelli di latta o di ferro disposti a
crociera con un anello nel punto di intersecazione che serviva da presa.
Lo scaldino e lo scaldaletto, che la sera andavano a letto
insieme, nella parlata locale assumono
nomi diversi.
Lo scaldino diventa: cunculina,
scarfaturi, maritieddu, monuco, ecc. Altrove (Toscana, Romagna, altro) è chiamato suora, pretina, cecia.
Lo scaldaletto da noi diventa
circu, circu di conca. Altrove è chiamato prete, monaca, monaco, frate.
Le allusioni, le battute, i doppi sensi si sprecavano. Nelle serate
invernali coricarsi con il prete o con il monaco era di routine e nessuna buona
donna si scandalizzava o se l'aveva a male per una eventuale frecciata allusiva, salvo ad avere la coda di paglia (in caso di
mariti lontani da casa per motivi di lavoro).
Se poi, così, per essere provocatori, facciamo nostra l'equazione circu sta a prete come cunculina sta a suora,
allora è facile concludere come il prete andasse a letto con la suora tutte le
sante sere.
E a proposito di riferimenti boccacceschi-"religiosi", padre
Giacinto Farina ci racconta il seguente episodio tutto impostato sull'equivoco
del nome locale dato allo scaldino, che, nella fattispecie, diventa
"marito": "Vi è l’uso in
Palazzolo presso delle donne volgari invece dello scaldino di rame nell’inverno
ne usano uno di argilla grossolana, che chiamano marito. Una certa nel
confessionile s’accusò di essersi indignata con una donna che le aveva rubato
il marito. Ma come può esser ciò? disse il Padre: Eh Signore, rispose la buona
donna, era posto al vento. E perché, disse quegli, che faceva egli mai? Si
ventilava, padre. Ma come ripete egli, fu tanto vile che si fece rubare d’una
donna! Di creta era, padre, di creta era. Oh Dio! che abbaglio! Passa, passa,
passa avanti".
IBLON, giornale on-line, 22 gennaio 2014
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