Giuseppe Parini, Milano 1759: "...Quivi i lari plebei/da le
spregiate crete/d'umor fracidi e rei/versan fonti indiscrete,/onde il vapor
s'aggira, e col fiato s'inspira...".
Tomasi di Lampedusa, Bisaquino, agosto 1860: "...un greve odore di
feci esalava tanto dalle strade che dalla stanza dei càntari attigua e ciò aveva suscitato nel Principe sogni
penosi..." e ancora, per rimanere al "Gattopardo", Giuseppe Fava
in una inchiesta del 1966 a Palma di Montechiaro, già residenza estiva del
principe Salina: "... all'uopo vengono usati gli stessi orribili strumenti
ancora in uso in qualche vecchio carcere, cioè i buglioli. All'alba o nel cuore
della notte il loro contenuto viene gettato sulla pubblica via: ...".
I cantri e altro
Càntaro, càntru, silletta,
catùsu, e poi "spregiate crete", bugliolo, pitale, orinale, ecc.
rispondono sempre allo stesso arnese e sempre con le stesse funzioni: il vaso
da notte. Il càntru, nella
fattispecie, è un vaso di ceramica smaltata, a forma di cappello a cilindro
capovolto, prodotto in quel di Caltagirone; come s'è visto, in alcune zone
della Sicilia, alla fine degli anni '60 questo manufatto era ancora in uso.
I càntri e i rrinali (in latta smaltata di bianco)
erano usati per lo più dalle donne, dai bambini e dai vecchi. Una volta colmi
venivano coperti da una pezzuola, pagghiazzedda,
e quindi sistemati sotto il letto (molto alto per questo e per altro) o
dentro la rrinalera, in attesa di
essere svuotati. Lo svuotamento avveniva al tramonto e alle prime luci
dell'alba. Erano quelli momenti difficili per chi aveva la malasorte di
transitare per le strade: rischiava di essere raggiunto da improvvise
miscellanee dagli "odori" e dai colori indefiniti e indefinibili. La
materia in questione era però disciplinata dai Regolamenti Comunali: in quelli
di Palazzolo dell'anno 1865 si legge: "E'
severamente vietato gettare dalle finestre, balconi, o porte sia di giorno che
di notte materie immonde, oggetti indecenti ... ", ma... erano in
pochi a rispettare tali norme.
Il lancio verso l'esterno doveva
essere calibrato e preciso e il contenuto non doveva superare la metà della
larghezza della strada per non incorrere nelle ire dei dirimpettai. Meglio
quando c'erano i canaletta: il superfluo
della digestione, allungato con un po' d'acqua, veniva depositato in questi
alvei a cielo aperto e andava ad unirsi ad altri rigagnoli flemmaticamente in
cammino verso cave e vadduni (nei tempi andati in estate si andava
"a cambiamento d'aria", in campagna, per respirare "aria
fina"); oppure si copriva con un po' di paglia e si deponeva vicino la
porta di casa in attesa che passasse la "botte" e portasse via sia il
contenuto dei càntri, sia quello dei
pochi pozzi neri installati in alcune abitazioni.
A tal proposito l'articolo 74 del Regolamenti Comunali di Palazzolo del
18 novembre 1861, così recita: "I votacessi non possono eseguire il loro
mestiere di giorno, ma dopo la mezzanotte, e devono sospendere prima di far giorno. Faranno uso di bottiglioni
o mezze botti fornite di coverchio".
Le "mezze botti"
nostrane erano le omologhe delle "navazze stercorarie" di Milano
"... che vaganti latrine/con spalancate gole/lustran ogni confine/de la
città, ..." e che a Santa Croce Camerina (e non solo lì) giravano ancora
(corredate di un imbuto dal cannello molto largo) per le strade verso i primi
anni '50 al grido di "cu â
gghittari!... cu â gghittari…".
Le famiglie contadine e dei pendolari della campagna risolvevano il
problema dell'andar di corpo in modo diverso e più proficuo: associavano allo
sterco dell'asino, che di solito dormiva accanto alla stanza da letto, i loro
escrementi deposti in diretta nella stalla. Il capofamiglia aveva però una
chance in più: appena uscito dal paese poteva servirsi del ridosso di qualsiasi
muro di trazzera. I pozzi neri avevano una capacità limitata e alcuni molto
primordiali si scavavano nell'orto: appena colmi si coprivano con tavole e
terra e si passava ad altri nuovi di zecca. Però fare i bisogni
direttamente sulla terra ortiva era più producente (per gli ortaggi, tifo a
parte) e più piacevole. Indovinello: "Ogni
jornu, ammucciuni, fazzu visita 'nta l'uortu: lassu ddà lu cavigghiuni, lu
pirtusu mi lu puortu".
I cacatoi più gettonati di Palazzolo
Per i maschi, la sera, prima ritirarsi a casa, era consuetudine recarsi
in ben individuati punti del paese per potere espletare, il più delle volte in
compagnia, il loro bisogno corporale.
A Palazzolo questi luoghi di aggregazione "sociale" erano diversi e
ogni sito aveva i propri affezionati utenti.
Vicino Fontanagrande, all'interno dell'orto re sorelli, coltivato da massaru
Marianu, c'era un accogliente rincuonculu
inselvatichito da robuste e discrete ferule, mute testimoni delle "basse
miserie" umane. La via Purbella, (cala
e scinni), un po' più in basso da dove teneva bottega il maniscalco don Manieli, accoglieva quelli del quartiere
"Guardia".
Il ponte che collega la via Crocifisso con la via Galileo, u ponti ra stratella, la sera era luogo di ritrovo per riprendere
discorsi lasciati a metà la sera prima (pare che a tutt'oggi l'abitudine di
utilizzare il ponte per questi "discorsi" non sia del tutto
scomparsa). Se poi si voleva stare un po' più tranquilli, e in spazi più ampi a
capaci si andava alle grotte delle pirrere:
qui il bacino d'utenza era molto più vasto ed eterogeneo.
Infine non si può fare a meno di citare altri due di questi tipici
"salotti" palazzolesi: uno era ubicato un po' più avanti della Croce
dello Spirito Santo (rimossa una quarantina d'anni fa) ed era caratterizzato da
nutriti cespugli di rovi che nella stagione davano more grosse quanto noci;
l'altro si trovava presso l'orto dell'Annunziata, l'uortu di don Vicienzu, e si distingueva non solo per le alte
ortiche dai robusti steli e ma anche perchè era utilizzato quasi esclusivamente
dal gentil sesso e comunque da utenti perfetti conoscitori del sito, stante le
insidie orticanti (e non solo quelle).
L'idromassaggio shiatsu
Oggi, mutati i costumi e i modi di vivere, sono cambiati bisogni (e non
solo quelli di cui si sopra) e desideri. Esiste la rete fognante organica e le
case sono fornite di bagno, anzi in molti casi il bagno è diventato "sala
da bagno", luogo deputato per prendersi cura del corpo sotto molteplici
aspetti. Ed ecco dunque una serie optional che, grazie all'elemento acqua, danno benessere e ricreano il corpo e
la mente: docce, rotodocce, docce a cascata, docce scozzesi, docce con clima
turco, docce con "impianto stereofonico a sei canali memorizzabili",
con telefono vivavoce, e poi, vasche: con massaggi personalizzati, con bagno a
vapore, turco, con turbomassaggio; vasche con microgetti d'acqua che ti
manipolano come le mani di massaggiatore orientale, un vero e proprio massaggio
Shiatsu in versione idrica e chi più ne ha più ne metta. Il tutto gestito da un
sistema elettronico o, se si vuole, anche computerizzato. "O tempi o
costumi!".
IL
CORRIERE DEGLI IBLEI, febbraio 2000
A causa del COVID-19 ho perso tutto e grazie a dio ho ritrovato il mio sorriso ed è stato grazie al signore Pierre Michel che ho ricevuto un prestito di 65.000€ e due miei colleghi hanno anche ricevuto prestiti da quest'uomo senza alcuna difficoltà. È con il signore Pierre Michel, che la vita mi sorride di nuovo: è un uomo semplice e comprensivo. Ecco la sua email: combaluzierp443@gmail.com
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