Ancora
oggi i nostri anziani serbano il ricordo tramandato da padre in figlio del
terribile terremoto del 9 e dell’11 gennaio del 1693 nella Sicilia orientale.
Ogni anno sulla loro bocca tornano i fatidici versi rievocativi: “All’unnici ri innaru a vintin’ura, cu sutta petri e cu sutta cantuna”. A Siracusa, in tale ricorrenza, per tre giorni viene esposto nella cattedrale il simulacro di santa Lucia, a Palazzolo e in altri centri vicini l’11 gennaio si celebra una messa commemorativa; a Ragusa questa liturgia prende il nome di Missa re scacciati.
Ogni anno sulla loro bocca tornano i fatidici versi rievocativi: “All’unnici ri innaru a vintin’ura, cu sutta petri e cu sutta cantuna”. A Siracusa, in tale ricorrenza, per tre giorni viene esposto nella cattedrale il simulacro di santa Lucia, a Palazzolo e in altri centri vicini l’11 gennaio si celebra una messa commemorativa; a Ragusa questa liturgia prende il nome di Missa re scacciati.
Fin
dai tempi dell’Inquisizione era opinione comune che l’eresia, i peccati, le
superstizioni fossero crimini contro Dio e pertanto esponevano gli uomini e le
città alla collera celeste che si sarebbe manifestata con calamità e sconvolgimenti
di varia natura se gli errimi piccati non fossero stati subito
repressi e cancellati.
Ad
ogni calamità di qualsiasi natura seguiva
fra l'altro una grave carestia.
Terremoti antichi e recenti
Tantissimi i terremoti che nell'arco dei
secoli e anche in epoche recenti hanno
devastato la nostra isola provocando danni incalcolabili e soprattutto gravissimi lutti.
L’ultimo
sisma in ordine di tempo e abbastanza violento è stato quello del 13 dicembre
del 1990, del 7° grado della scala Mercalli, avvenuto alle h 1,24 e durato ben quaranta
secondi (con replica il 16 dicembre alle h 14,50) conosciuto come il terremoto
di Santa Lucia. Interessò in particolare i centri di Augusta, di Carlentini,
Lentini, Melilli, Siracusa, Sortino, Palazzolo e numerosi altri comuni
limitrofi.
Fra
l’altro questo sisma lesionò la magnifica cupola della cattedrale di Noto,
crollata poi il 13marzo del1996. La stessa era caduta una prima volta nel 1848
in occasione di un altro terremoto: “… in
agosto del 1848 morirono 25 persone ( a Palazzolo)e molte furono ferite. Caddero molte fabbriche… a Noto cadde la
bellissima cupola di quella maestosa cattedrale. Indi rifabbricata dal vescovo Mirone”
(P. G. Farina, Selva, 1869).
Nella
notte fra il 14 e il 15 gennaio del 1968 anche la Valle del Belice fu distrutta
da un disastroso terremoto: 3000 famiglie senza tetto, 1400 feriti, 300
vittime.
Il
terremoto di Messina del 1908 viene unanimemente riconosciuto come uno degli
eventi più catastrofici del ventesimo secolo. Erano le ore 5,21 del 28 dicembre 1908, quando per 37
interminabili secondi la terra tremò e danneggiò gravemente le città affacciate
sullo Stretto: si contarono 83.000 vittime! e centinaia di migliaia di
senzatetto. Incredibilmente, ancora oggi, a distanza di cento anni c’è ancora
qualche superstite che vive in via “provvisoria” nelle baracche allestite
all’epoca per l'occasione.
Siracusa e i paesi vicini nel 1542 furono
sconvolti da un sisma che distrusse imponenti edifici religiosi e civili,
decimò la popolazione e paralizzò i commerci.
Danni
ingenti nel Siracusano e nella stessa città di Siracusa furono provocati dal violento
maremoto, “tremuoto di mare”, del
1783. Ma fu ancora la città dello Stretto ad avere la peggio: crollarono
centinaia di edifici, campanili, torri, “mentre
un terribile colpo di mare, dopo avere in un baleno ingoiato due mila persone
che stavano sulla spiaggia di Scilla, si ingolfò nel porto di Messina, vi
affondò tutte la Navi e sconvolse le fondamenta dei palazzi che costeggiavano
le rive. In questo spaventevole disastro perirono più di dodici mila individui”
(Reclus, 1865). Ancora serbiamo il ricordo di un altro "terribile colpo di
mare" (per nostra fortuna assai lontano dai noi) e di quelle terrificanti
scene dello tsunami, il maremoto del Natale di due anni fa abbattutosi sulle
coste del Sud-est asiatico e che in un niente spazzò via migliaia di case e di
persone.
Due catastrofi del XVII secolo
Il
1600 fu secolo di gravi catastrofi naturali. Prima una furiosa eruzione
dell’Etna nel 1669 e poi il devastante cataclisma tellurico del 1693.
Ad
oggi il numero delle eruzioni che nel corso dei secoli hanno sparso il terrore
tra la gente etnea ha superato di molto il centinaio. Il 1600, in particolare,
per il nostro Mungibeddu fu anno di
disastrose eruzioni. Dopo l’eruzione del 1603, se ne ebbe un’altra nel 1609: la
lava percorse ben 15 chilometri in direzione di Adrano. Altre eruzioni nel
1634, nel 1640, quindi nel 1646. Il 1669 resta l’anno dell’eruzione più
disastrosa del secolo. Il terribile fiume di lava distrusse completamente i
quartieri occidentali della città di Catania, ingoiò 14 tra città e borghi
popolati da più di 25 mila persone.
Il
1693 è l’anno dell’immane tragedia. Nel mese di gennaio due catastrofiche
scosse sismiche coinvolsero in maniera diversificata ben 75 centri ricadenti
nel Val Demone e (soprattutto) nel Val di Noto: “Il primo fu alli 9 gennaio vicino le hore quattro e mezzo (oggi le
ore 21,30, stante il vigente sistema francese
), e l’altro alli 11 del medesimo
mese ad hore 21 (oggi le h13,00 )senza
computare li molti altri terremoti, che intervallatamente occorsero dalli 9 che
fu il venerdì fino alli 11 che cadde in giorno di domenica”. Per tutto il
mese di gennaio 1693, infatti, non passò giorno che non si sentissero altre
scosse: si contarono 21 scosse fino a febbraio e ben 1800 alla fine dell’estate
del 1694.
Il
sisma, del XII grado della scala Mercalli modificata, provocò la morte di circa
60.000 persone e fece danni incalcolabili. Alcune città furono interamente rase
al suolo. A Catania si contarono più di 10 mila morti.
Nella
diocesi di Siracusa, fece oltre 38.000 vittime. Siracusa città registrò 4.000 morti, Noto 3.000, Sortino
2.500, Buccheri 300, Buscemi 900, Cassaro 15, Ferla 800.
A
Palazzolo, che contava 5.000 abitanti, i morti furono più di 700 e “in quanto agli edificii delle case e delle
chiese non restò niuno vestigio, e principalmente della bella Madre-Chiesa… e
molte altre belle Chiese di detta terra”. La ricostruzione fu quasi
immediata ovunque e si contraddistinse per l'esuberante fioritura di tantissimi
capolavori in stile tardo- barocco.
L’uragano del 1872 a Palazzolo
"O populu Cristianu / Campa devotu
e piu, / Si tu nun vuoi soffriri / Qualchi castìu di Diu. E’ questo l’incipit dell’elegia di 26 quartine che P.
G. Farina compose un anno dopo la tromba d’aria che si abbatté su Palazzolo
nell’ottobre del 1872. La ratio della
punizione divina è sempre quella: le calamità sono castighi che Dio manda sulla
terra contro gli uomini peccatori.
L’
“uragano” in effetti fu una tromba d’aria la quale verso le ore 21,15 del 24
ottobre 1872 partì dalla contrada Pinita - Scifitelli e da lì piombò in paese
dirigendosi prima verso il vecchio camposanto di Colleorbo, poi passò per
Palazzo, per il Corso, sfasciò il convento dei frati cappuccini, quindi “si
spostò verso il quartiere Guardia” e zigzagando colpì il quartiere di S.
Antonio e per ultimo, passando da Fontanasecca, lasciò il centro abitato per
dirigersi verso la valle dell’Anapo.
Così
P. G. Farina, testimone del tempo, si sofferma a descrivere alcuni fenomeni che
si verificarono in quella notte di tregenda :“Due tetti di due case volarono e posarono in terra uno sopra l'altro…
due tetti alla distesa posarono nel nostro atrio… un bastone trovossi infilato
in 5 pale di fichi d'India... due canne di tela furono trasportate in Cassaro…
una canalata di zingo di mia sorella fu trasportata in Buscemi… Una mia grasta con
due alberetti di palma fu trovata nel bosco Giannavì... una chicchera con la
sua sottocoppa dalla casa dei signori Calleri posò sopra un cornicionetto…”.
La tromba d’aria fece 32 vittime: furono tutte sepolte in una chiusa nei
pressi dell'area in cui nel 1889 fu costruito l’attuale cimitero di Palazzolo.IL CORRIERE DEGLI IBLEI, gennaio 2007
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