Al momento della soppressione (25 ottobre1866) gli ospiti
del convento erano 13, di cui 8 sacerdoti e 5 laici (cucuzzuni)
Via
Macello, via Biblioteca, via P. Girolamo, via P. Giacinto, via Cappuccini: cinque
strade a raggiera confluenti tutte in piazza Biblioteca su cui si affaccia il
vecchio convento dei Padri Cappuccini, da tempo sede del plesso scolastico oggi
intitolato a Giuseppe Fava. Fino ai primi anni Cinquanta una grande croce in
ferro, su un piedistallo in muratura (il sautaluoru preferito di noi
ragazzini), segnalava la presenza di questo complesso sacro con annessa la
chiesa che va sotto il titolo di S. Francesco.
La scuola ricade solo su una parte dei locali dell'ex
convento, adattato, ristrutturato e trasformato in edificio scolastico oltre un
secolo fa. Il motivo di questa iniziativa è da ascrivere alla legge
"Coppino", che, nel 1877, sancì l'obbligo della scuola elementare: "I fanciulli e le fanciulle, che abbiano compiuto l'età di sei
anni e ai quali i genitori non diano la necessaria istruzione o per mezzo delle
scuole private o con l'insegnamento in famiglie, dovranno essere inviati alla
scuola elementare del comune…”.
Il plesso per consuetudine venne denominato "Biblioteca", dal toponimo della piazza, conosciuta, anteriormente al 1866, come Piano dei Cappuccini (u cianu re Scapuccini). Il piano assunse il nome di Piazza Biblioteca dopo la soppressione dei beni ecclesiastici allorquando il Comune, nel rilevare la biblioteca dei cappuccini fondata da P. Girolamo Giompaolo, trasferì allo stesso tempo il proprio patrimonio librario nel suddetto ex convento.
La fondazione del convento
La
decisione di fabbricare il convento fu presa il 28 maggio del 1574.
Nel
1693, a causa del terremoto, cadde la chiesa e quasi tutto il convento “restando solo il dormitorio del coro d'abbasso
e porzione dell'esposto a levante”. Il convento fu rifabbricato quasi
immediatamente anche se nel 1703 non era agibile del tutto. Era composto da una
quarantina di celle e da tutta una miriade di locali adibiti a libreria,
magazzini, ripostigli, cucina, refettorio, legnaia, pagliaio e altre celle
parzialmente abitabili. Al complesso era annessa la chiesa, la sagrestia, il
deposito mortuario e altri ambienti. Apparteneva al convento pure un grande
orto di oltre una salma, irrigato, alberato, ricco di ulivi e seminativo, che
si estendeva sino a Colleorbo.
Nel 1707 la chiesa era già fabbricata per quasi un
terzo e fu completata tre anni dopo, nel 1710. Il campanile fu costruito
verso il 1830. Nel 1737 furono montati i due cancelletti in noce e cipresso che,
per mezzo di un gradino, immettono nel corridoio dove sono le cappelle del
Purgatorio, del SS.mo Crocifisso (la più antica), e la cappella di Maria degli
Ammalati. Nell’altare maggiore si trovava il prezioso quadro di “S. Francesco
che riceve le stimmate”, opera del pittore Giuseppe Salerno inteso lo “Zoppo di
Ganci”.
Soppressione e cessione del convento e della chiesa
Nel 1866, il Governo, da una parte preoccupato dalla
necessità di colmare il deficit del bilancio, dall’altra, impegnato a sminuire
il grande peso politico della Chiesa, tra le altre cose procedette all’alienazione
dei beni del clero (il cosiddetto Asse Ecclesiastico), salvaguardando solo i
beni delle parrocchie. I frati del nostro convento cercarono in tutti i modi di
tutelare i loro interessi e di salvare i loro beni unitamente al considerevole
magistero spirituale e religioso esercitato per tanto tempo, ma non ci fu
niente da fare: il convento dei cappuccini assieme agli altri conventi del
paese, in ottemperanza alla legge 7 luglio 1866, venne soppresso il 25 ottobre
dello stesso anno.
Al momento della soppressione gli ospiti del convento
erano 13, di cui 8 sacerdoti e 5 laici (cucuzzuni).
Dall’ “Inventario di tutti gli oggetti esistenti nel convento di Palazzolo
fatto per ordine del Real Governo nel 1866", riportiamo alcune delle “povere coserelle” che facevano parte della lunga lista: “…una tavola di legno per isvegliare i frati
nel matudino della notte..., un mantice..., una bilancia di rame con i pesi...,
due fiaschi di stagno…, tre cassette di reliquie…, un genuflessorio…, tre flaudi, due ottavini ed un mandolino…,
tre cannizzi…, cinque barili per salato… sei giarre per olio…, cinque botti tra
grandi e piccole…, otto otri vecchi ed inservibili..., due cofini per pane...,
un mortaio di bronzo ed un altro di pietra..., Nove bisacce vecchie e nuove...,
un quadro di S. Veronica d'un benefattore..., 13 orinali di creta...”.
Lo stesso giorno della soppressione i frati furono
costretti ad uscire dal convento.
P. Giacinto Farina (autore della “Selva”
omonima) e P. Venanzio furono mandati al domicilio coatto (Como), altri furono
ospitati da alcune caritatevoli famiglie locali. In seguito rientrarono nel convento
alla spicciolata e in via ufficiosa in qualità di “ospiti” fino a quando il 13
luglio del 1869 “Il dottor Raffaele
Labisi, ricevitore del Demanio e Tasse, qual rappresentante
dell’Amministrazione del Fondo per il Culto cede e consegna i locali del
fabbricato dell’ex convento dei Cappuccini… al signor Barone Bibbia Vincenzo
Messina consigliere Provinciale … e al dr. Giovanni Vaccaro assessore anziano
qual rappresentante il Municipio di Palazzolo…”.
Al Comune fra l’altro vengono ceduti numerosissime
celle e stanze, i locali della Biblioteca, l’ex refettorio dei frati, la “floretta con vasca e vasi per fiori… e
finalmente la Chiesa con suo vano e pertinenze che resterà in facoltà del
Municipio il chiudere o mantenere l’Ufficiatura”.
Più tardi quell’ambito diventerà una specie di lager canino, un vero e proprio braccio della morte per i malcapitati cani randagi finiti nel nodo scorsoio dell’accalappiatore.
L'uragano del 24 ottobre 1872
Il 24 ottobre 1872, un terribile “uragano” investì Palazzolo e le sue contrade. P. Giacinto Farina, rientrato in convento fin dal 25 ottobre del 1867, non perdette l’occasione per registrare l’evento: “Questo fenomeno durò da circa a tre quarti. Indi cominciò il vento turbinoso che pare schiantare il Convento Cappuccini, ove io era: e all'istante si udivano scagliarsi nelle fabriche, e nei tetti turbini di tegole e pietre di altri luoghi. Dopo poco sembrò per un istante tremare tutto il Convento e scaricarsi su noi una turba di Demoni, che parea voler tutto involare. Io dal corridoio e un frate da dentro una stanza ci tenevamo forte con le mani facendo catena. Mentre spalancate tutti i fenestroni piovevano dentro e fuori macerie di tutti i modi: Pietre, legni, tetti, campanile, scala, campana del Convento, ecc. ecc. si precipitavano orribilmente... Fu un secolo di morte quel momento, e fu un'idea d'Inferno… Cessato ed il pericolo e lo spavento, uscimmo dal convento per amministrare alla gente qualche soccorso temporale o spirituale. Il 1° spettacolo fu vedere all'oscuro il nostro campanile a terra. Con difficoltà tra tanto ingombro trovammo il mezzo di uscire. Usciti fuori restammo spaventati nel sentire pianti, voci, gridi orribili da tutta gente esterrefatta - Al vederci vivi e sani fu una gioia ineffabile. Ci siam consolati gli uni e gli altri, ma era videre miseria... per dovunque macerie tegole e tetti...Fra le lagrime ed i singhiozzi ci siamo portati alla chiesa di S. Sebastiano e trovammo tutto il piano ingombrato di pietre: la terza parte della facciata a terra...”
Il
convento diventa scuola
Il
30 marzo del 1886 alcuni padri di famiglia fanno domanda al sindaco per aprire
una scuola serale. E già nella seduta consiliare del 26 luglio 1886 il sindaco
cav. Salvatore Bongiorno sottopone al Consiglio il Capitolato d’appalto “dei lavori di sistemazione dei locali scolastici
nell’ex Convento dei Cappuccini su progetto d’arte redatto dall’ingegnere Iudica…”.
Al
tempo stesso il 25 ottobre del 1886 fu acquistata una “chiusa” nel quartiere
“Guardia” per la costruzione del nuovo convento i cui lavori iniziarono il 29.10.1888.
Per
quanto riguarda la chiesa del vecchio convento, riaperta al culto fin dalla sua
cessione, nel 1896 il Comune decide di chiuderla per via degli eccessivi oneri
occorrenti per la manutenzione. Ma, su proposta del Vescovo diocesano, il
Consiglio comunale il 28 giugno dello stesso anno delibera di affidare la
chiesa al Vescovo e di lasciarla aperta al culto purché lo stesso si faccia
carico di tutte le spese. Nel 1950 la chiesa fu assegnata alla parrocchia di S.
Sebastiano che la utilizzò come centro di aggregazione per i giovani:
proiezioni di film parrocchiali, teatro amatoriale (per costruire il palcoscenico
fu segata la fascia basale dell’“iconòstasi” in legno datata1727) e attività
varie. Successivamente, a cavallo degli anni ’50 e ’60, l’edificio fu ceduto a
dei privati e diventò cinema “Aurora” per diversi anni; quindi si trasformò in
deposito di mobili. Dopo varie controversie legali, infine, la chiesa,
restaurata, riprese l’ufficiatura il 25 Maggio 1984.
Eventi bellici e ricostruzione
Poi venne la guerra. Palazzolo il 9 e il 10
luglio del 1943 fu bombardata dagli inglesi: furono distrutti case e palazzi ma
soprattutto si ebbero centinaia di vittime. Il plesso di piazza Biblioteca fu danneggiato
e non fu più agibile. Grazie all’impegno del sindaco Branca, nel 1946 furono
finanziati e appaltati alla ditta f.lli Guarino i lavori per la ricostruzione
dell’edificio. In attesa del completamento di tale importante opera, le scuole
elementari furono dislocate in altri locali in diversi punti della città: a Palazzo
(istituto Vaccaro), nei locali della Pretura, in via Vincenzo Messina, in via Guglielmo
Messina, in via Maestranza, in via Acre, sotto i portici di via Carlo Alberto al
n. 124 (chi scrive ha frequentato la quarta classe in quell’aula, poi diventata
centralino telefonico), ecc.
Il nuovo plesso interamente ricostruito sulla
stessa area originaria fu inaugurato nel 1949/50. A questo plesso e al plesso
“Vaccaro” rimasto operante, si aggiungerà più avanti il plesso centrale
“D’Albergo”, inaugurato nell’anno scolastico 1955/56.
Con l’anno scolastico 1962/63 al plesso di scuola elementare “Biblioteca” toccherà ospitare anche la scuola media fino al Natale del 1969. La stessa nel mese di gennaio riprenderà l’attività didattica nel nuovo edificio di piazza Umberto I; al tempo stesso nel plesso “Biblioteca” vengono accolte alcune sezioni di scuola materna.
Ristrutturazione e contenzioso con il magistrale
Nel 1984, il plesso viene chiuso per lavori
di ristrutturazione e di consolidamento antisismico. Alunni e docenti vengono
forzatamente dirottati in locali di fortuna nel plesso di scuola materna
“Fontanagrande”, in via Milano. Due anni dopo, nei primi mesi del 1986, nell’imminenza
della conclusione dei lavori di restauro, si sparge la voce che il Comune abbia
autorizzato il magistrale, costretto a sloggiare dall’edificio di via
Maestranza perché pericolante, ad occupare il suddetto plesso sebbene ancora privo
di porte interne.
Il 19 del mese di marzo del 1986 gli alunni del magistrale si presentano in piazza Biblioteca per insediarsi nel plesso. L’indomani scoppia la vibrata protesta di alunni, insegnanti e genitori delle elementari esiliati al “Fontanagrande”. Il 21 si riunisce il Consiglio comunale in seduta straordinaria e sancisce la priorità d’ingresso per gli alunni delle elementari; i locali restanti saranno assegnati al magistrale. Il tutto solo a lavori completamente ultimati. E difatti il 6 ottobre la scuola elementare si stabilisce al 1° piano, l’istituto magistrale va al piano terra e negli ammezzati sottostanti. I disagi, come è ovvio, riguardano ambedue gli ordini di scuola e si aggravano ancora di più con la soppressione del plesso “Vaccaro” che dal 19.9.1993 viene accorpato al plesso “Biblioteca”.
“… A che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare? ...”
L’intitolazione
del plesso a Giuseppe Fava
Il 5 gennaio del 1984 muore a Catania,
ucciso da mano mafiosa, il palazzolese Giuseppe Fava, giornalista, scrittore e drammaturgo.
Nel 1990 gli insegnanti del plesso “Biblioteca”, all’unanimità, propongono al
collegio dei docenti di intitolare il loro plesso a questo straordinario figlio di Palazzolo.
Fava pagò con la vita la sua lotta alla
mafia e ai fenomeni criminali che insanguinano il Sud (e non solo), pubblicando
anche i nomi dei malavitosi, politici compresi. Fra l’altro, come già detto, Fava
aveva frequentato la scuola elementare proprio nel suddetto plesso.
Dopo un iter burocratico abbastanza
complesso, il 26.2.1992, con decreto del Provveditore agli studi, “Il plesso scolastico “Biblioteca” dipendente
dal circolo didattico di Palazzolo viene intitolato come appresso: da Plesso
“Biblioteca” a Plesso “Giuseppe Fava”.
Il 18 dicembre 1995, a suggello, nell’atrio
della scuola viene apposta la lapide con incisa quella frase che racchiude la
quintessenza della filosofia di vita di fava, uomo libero nell’accezione più
alta: “… A che serve essere vivi se non
si ha il coraggio di lottare?...”
Il
controsoffitto, l’uscita del magistrale, la legge 97/94
Sul
finire del 1992 scoppia il caso del materiale coibente del controsoffitto delle
aule. La controsoffittatura, costituita da pannelli in lamierino forato é coibentata
con strisce di lana di vetro non sigillate, laddove la legge impone “pannelli in fibra di vetro completamente sigillati
in modo da non consentire la loro dispersione nell'ambiente di utilizzo”.
Tale sistema costituisce quindi un rischio per la salute di tutti i fruitori
del plesso a motivo dello spolverio di micro particelle di fibre di vetro che
possono essere inspirate da alunni e docenti. Nel sopralluogo del 22.12.1992 da parte della
Commissione del Servizio di medicina legale della ex USL 26 di Siracusa, viene
accertata tale situazione di rischio e viene invitato il Comune ad eliminare siffatta
irregolarità. Ad un anno dal sopralluogo, l’Amministrazione comunale provvede,
finalmente, con una vernice sigillante, ad otturare i fori dei lamierini.
Intanto il plesso “Fava” rischia di scoppiare.
Non riesce più a contenere gli alunni dei due ordini di scuola: quasi trecento
unità nell’anno scolastico 1995/96. Fungono da aula pure la palestra, i
sottoscala, e altri locali di fortuna; i servizi igienici in comune sono
inadeguati e insufficienti. Compete però alla Provincia trovare subito una sede
al magistrale. Il sindaco del tempo, Emanuele Messina propone alla stessa
l’utilizzo dell’incompiuto Polivalente di via Giuseppe Fava a patto che la Provincia
si accolli l’onere di completare i lavori del suddetto edificio. Finalmente l’8
febbraio1997 il magistrale lascia il plesso “Fava” per stabilirsi dove si trova
tuttora. Le elementari del “Fava” respirano.
Il 1 settembre del 2000, in base
alla legge 97/94 e successive modifiche, il plesso “Giuseppe Fava” viene scorporato
dal Circolo Didattico “Gabriele Iudica” ed entra a far parte del 1° Istituto Comprensivo
“Vincenzo Messina” di piazza Umberto.
IL CORRIERE DEGLI IBLEI, ottobre-novembre 2003
2 commenti:
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