Una
drammatica testimonianza dello scomparso P. Salerno
PALAZZOLO.
Come si ricorderà, il 3 febbraio di quest'anno, all'età di 88 anni, è scomparso
Padre Francesco Salerno, parroco della Chiesa Madre di Palazzolo dal 1944 al
1977. Fu sicuramente un prete scomodo ma schietto e ricco di carisma.
La sua
non comune cultura e la profonda preparazione teologica lo facevano pronto al
dialogo o al confronto e sempre con tratto signorile e col sorriso sulle
labbra. Nella parrocchia dove svolse il suo magistero ecclesiale per ben 33
anni, è ancora assai vivo il ricordo e il rimpianto per un parroco così attento
e determinato. Chi scrive lo ebbe come esemplare insegnante di religione nei
primi anni '50 e ricorda perfettamente tali sue prerogative.
L'intervista
che pubblichiamo è stata registrata su nastro il 15 giugno 1992 e vuole essere
un omaggio alla sua memoria, alla memoria di un sacerdote che della fede e
della coerenza fece le ragioni della sua vita. E' una testimonianza sofferta ma
sincera di uno dei protagonisti di un 29 giugno di altre cinquant'anni fa,
quando, alcuni devoti sanpaolesi, sottraendosi al veto delle autorità
ecclesiali, con un colpo di testa compromisero la festa e la stessa sacralità del
loro tempio.
Quando
è finita la tradizione degli animali in chiesa?
"Nel
1947, quello fu l'ultimo anno. I massari promettavano al Santo gli animali, ma
solo una parte, mai un animale intero. Li facevano stimare dai prizzaturi, specie di sensali, che,
quasi sempre, stabilivano un prezzo basso, vantaggioso per chi faceva la
promessa. Alla fine veniva consegnato il corrispettivo in denaro".
A che ora venivano condotti gli animali
all'interno della chiesa?
"Dopo
la raccolta delle cuddure. Assieme al
pane, venivano benedetti sul sagrato anche gli animali promessi: buoi, cavalli,
muli, ecc. I buoi erano incampanati con i 35x collari della festa e adornati di
fiori e di nastrini rossi. Prima che iniziasse la messa di mezzogiorno, quella
con il Panegirico, gli animali, seguiti anche da vitellini e da puledri,
venivano fatti entrare in chiesa dai proprietari accompagnati da parenti e
amici. Era un rito che aveva alcunchè di esibizionismo".
Cosa facevano gli animali una volta
dentro?
"Gli
animali entravano dalla porta centrale e, tenuti a bada da una corda o dal
capestro, si dirigevano fin sotto la balaustra dell'altare maggiore. Qui i loro
padroni tentavano di farli inginocchiare in tutti i modi. Qualche volta ci
riuscivano ma il più delle volte era un affannarsi inutile. Compiuto questo rito venivano fatti
girare a sinistra e guadagnavano l'uscita sempre attraverso la porta
principale. Per i massari devoti questo rito era motivo di orgoglio e di grande
soddisfazione. Ma gli animali, al loro passaggio dentro il luogo sacro, molte
volte sporcavano e imbrattavano i fedeli oppure si imbizzarrivano mettendo a
rischio l'incolumità degli astanti".
Chi fu il vescovo che vietò tale
tradizione?
"Mons.
Calabretta, vescovo della diocesi di Noto, sotto cui, a quei tempi, ricadeva il
clero di Palazzolo. Il vescovo, molto tempo prima di quella festa del 1947,
comunicò ai parroci la sua intenzione di abolire da subito, per motivi di
sicurezza e di decenza, l'usanza di introdurre
gli animali in chiesa sia per la festa di S. Paolo, sia per la festa di
S. Sebastiano. Ci pregò quindi di fare opera di convinzione in tal senso nei
confronti dei devoti più accaniti al fine di evitare conflitti o disordini.
Le nostre
furono parole e prediche buttate al vento, la "piazza" non intendeva
recepire in nessun modo il messaggio del vescovo. Noi parroci facemmo presente
al vescovo gli umori e le reazioni dei devoti e lo pregammo di soprassedere a
tale decisione per qualche anno ancora, anche perchè, nel periodo di
transizione in cui ancora ci trovavamo, non c'era sicurezza politica e nemmeno
pubblica. Ma il vescovo fu irremovibile: 'I
parroci si oppongano con tutte le loro forze e se i fedeli forzeranno l'ingresso la chiesa sarà
interdetta seduta stante!'. Queste furono le sue ultime parole."
Cosa avvenne il 29 giugno del 1947?
"Con
i massari si era stabilito che io avrei benedetto gli animali sul sagrato,
dopodichè li avrebbero portati via senza farli entrare. Dissero di sì ma non
rispettarono i patti, e di prepotenza, vincendo la debole resistenza di quei pochi carabinieri che si
trovavano davanti all'ingresso, entrarono in chiesa con le loro bestie per
consumare il solito rito davanti l'altare maggiore. Io per protesta andai
subito via e mi rifiutai di celebrare la messa solenne malgrado le ripetute
insistenze dei devoti sanpaolesi.
Per
evitare il peggio, di fronte ad una piazza che incominciava ad accendersi sia
per il caldo e sia per quello che era accaduto, il vescovo autorizzò la
processione alla quale prese parte il sacerdote Miano, dopo il rifiuto opposto
dai parroci. Si fece quindi la "sciuta" con le solite
"bombe" e "nzareddi"
e poi la processione.
Uscito S.
Paolo la chiesa fu chiusa e dichiarata interdetta, secondo le disposizioni
impartite dal vescovo. In tal modo non si poteva officiare nessuna cerimonia,
nessun rito. Sempre il sacerdote Miano, sicuramente mal consigliato da alcuni
fanatici sanpaolesi, dopo due giorni dall'interdetto, riaprì la chiesa e si
mise ad officiare. Ma, il vicario di Noto, inviato a Palazzolo dal vescovo, lo
sorprese mentre celebrava messa e lo sospese a divinis per un mese, poichè era
stato disubbidiente alle disposizioni del vescovo. Sciolto l'interdetto
canonico io ritornai regolarmente al mio ufficio di parroco. Per amore della
verità debbo dire che i miei parrocchiani, alla fine di tutta questa vicenda e
a mente fredda, capirono bene che il vescovo aveva avuto ragione e che io non
avevo fatto altro che sottomettere la mia volontà a quella del mio superiore.
Per questo motivo i Sanpaolesi non mi hanno mai riserbato rancore e di questo
ne sono contento".
Il Corriere
degli Iblei, giugno 2001
1 commento:
In quell'anno abitavo a Palazzolo Acreide proprio in via Bando la prima casa difronte la Chiesa Madre e avendo 6 anni ho visto personalmente lo svolgersi dei fatti e poi proprio uno dei poveri carabinieri era proprio mio padre.
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