«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

I presepi di Giovanni Leone a Palazzolo Acreide

Il presepio, come rievocazione della nascita di Gesù, si fa risalire a San Francesco, il quale, nel 1223 allestì a Greccio, in un ambiente naturale, una Sacra Rappresentazione. Francescani prima, domenicani e gesuiti poi, diedero successivamente impulso alla costruzione di presepi sia stabili, sia mobili.



Cose arabe

 Questa semenza dunque... raccolta in una sottilissima pezza di lino, si tiene calda tra le mammelle delle donne...

 
"Sparse le gualdane in ogni luogo, sforzò e schivò la fortezza di Acri e col novello terrore delle stragi, delle depredazioni e de' guasti, piombò sopra Siracusa". 

Correva l’anno… 1964. Paolo Tarzan, gli Jivaros e la testa umana rimpicciolita (tsantsa)

Paolo Tinè, del ramo dei “Cazzarelli”, da ragazzo era conosciuto come Paolo Tarzan per la grande abilità di arrampicarsi sugli alberi tale e quale una scimmia, vale a dire come Tarzan, l’uomo scimmia per antonomasia.



Sotto le finestre sud del plesso scolastico delle elementari di Piazza Biblioteca, di fronte alla porcilaia dove don Nannino tirava su i suoi maiali a forza di lavatura, cioè con l’acqua di cottura della pasta della refezione scolastica, una volta esisteva un gigantesco albero che in altezza superava le finestre del 1° piano. Su quell’albero, Paolo, tutti i giorni all’uscita da scuola, dava dimostrazione della sua destrezza arrampicandosi fin sulla cima e, saltando da un ramo all’altro, emulava le gesta di Tarzan, accompagnate, naturalmente, dal mitico urlo.

Il 1° settembre a Palazzolo san Ciliu (sant’Egidio), ovvero quando si teneva a fera i l’uommini

 

Ancora fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, il contadino, proprietario di 3-4 ettari di terreno, di un mulo o di un asino e di qualche bovino, riusciva a lavorare in proprio collaborato dalla moglie e dai figli maschi (figghi màsculi, cannizzi addritta); in caso di bisogno reclutava a giornata qualche bracciante (jurnataru). I massari, invece, proprietari di stacchi di terra più estesi con diversi equini e più bovini necessitavano di manodopera salariata (jarzuni) allocata ad anno (adduvati) per procedere ai lavori più faticosi della campagna.

San Sebastiano depulsor pestilitatis. Da Roma a Pavia alla Sicilia

 

La basilica di San Pietro in Vincoli è nota perché, fra le tante reliquie e opere d'arte, ospita soprattutto la celebre statua marmorea del Mosè di Michelangelo.

Grande stupore suscita, ciononostante, il mosaico nel terzo altare della navata sinistra raffigurante un San Sebastiano maturo, con la barba e nelle vesti di un tribuno romano (fig.1).


LA SCALINATA DI SAN SEBASTIANO. E DIRE CHE NON LA VOLEVANO


Là dove finisce la Via Gaetano Italia, un secondo dopo aver messo piede (o ruota) in Via Duca d’Aosta per raggiungere finalmente Piazza del Popolo, vedi stagliarsi sullo sfondo l’imponente facciata della chiesa di San Sebastiano.

I bombardamenti del luglio 1943 a Palazzolo

Il drammatico racconto di un testimone del tempo: il prof. Erminio Pricone

È il drammatico racconto di un cittadino palazzolese testimone del tempo: il prof. Erminio Pricone. Il dattiloscritto mi fu affidato con la più ampia facoltà di disporne come e quando avrei voluto. Nel più assoluto rispetto della memoria di chi più non è, ho ritenuto opportuno pubblicarlo così come, allora (il 6 giugno 2000), mi fu consegnato.

Sul questo stesso Blog si potrà leggere un mio articolo già pubblicato su "Il Corriere degli Iblei" dal titolo "Luglio 1943: cinquant'anni fa una lapide in memoria". La lapide, come è noto, fu apposta all'inizio del Corso Vittorio Emanuele per onorare le vittime innocenti di questa gravissima e indimenticabile tragedia compiutasi a Palazzolo nello spazio di 24 ore.

Nello Blancato

 


 

I Santi puniti. Dalle suppliche, agli insulti, alle violenze “fisiche”

“Signuruzzu, ciuviti ciuviti / Cà li lavura su morti di siti; / Ni mannati una bbona / Senza lampi e senza trona”. 

La penuria di pioggia, quando si protrae a dismisura, provoca gravi danni alle campagne e ne compromette i raccolti. La piaga della siccità ha sempre preoccupato e preoccupa non solo i contadini ma la popolazione tutta, visto il legame viscerale tra l’uomo e la madre terra:  

Resibela ti cermo non fare più male

Rimedi e scongiuri nella tradizione popolare

Sulla scia di un pezzo pubblicato qualche tempo fa (Precetti antichi d'igiene), ancora una volta vogliamo generosamente mettere altri rimedi a beneficio di chiunque, di sicuro assai utili per superare taluni problemi di salute che nel quotidiano affliggono un po’ tutti.

Dal latte (di capra) munto a vista, al “mungitoio municipale”, al latte in bottiglia, al tetrapak

Lu culu ‘nta la petra, la facci ‘nta lu culu, e li manu ‘ntra li vèrtuli            


Nell’immaginario collettivo il latte ha avuto da sempre un ruolo centrale come elemento primordiale e fonte di vita. È il primo alimento che si scopre appena si viene al mondo ed è anche il più completo e ricco tra quelli esistenti in natura. 

C’era una volta… A naca a-bbuòlu

 


L’immagine della casa ri stari con il letto matrimoniale, la naca a-bbuòlo, il cannizzu, per tanti anni è stata icona e ambasciatrice della Casa-museo di Palazzolo e della civiltà contadina iblea. Quando fu pubblicata, nel novembre del 1972 (era la sovraccoperta del volume di A. Uccello, Folklore Siciliano…), rappresentava ancora un passato abbastanza recente e se possibile ancora rintracciabile in certe zone dell’isola. Oggi a distanza di quarant’anni è passata un’eternità e quel passato è scivolato via definitivamente. 

Pòspiri e pùspireri, tabbaccu e tabbaccheri

 …a Palazzolo per qualche tempo fu operante una fabbrica di fiammiferi da cucina. “Il Semaforo”, giornale locale fondato dall’avv. Rosario Branca, ne diede notizia con un certo risalto…

dal web

Da convento a scuola elementare. La storia del plesso “Giuseppe Fava” di Palazzolo

 

Al momento della soppressione (25 ottobre1866) gli ospiti del convento erano 13, di cui 8 sacerdoti e 5 laici (cucuzzuni)