«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

Correva l’anno… Palazzolo. La chiesa rupestre di san Corrado

 


Dopo il terremoto del 1693 delle oltre 38 chiese e chiesette esistenti a Palazzolo, per motivi diversi (o perché diroccate o perché abolite per carenza di devozione), ne rimasero aperte al culto meno della metà, tra queste anche la chiesa rupestre di san Corrado nella grotta omonima, nel costone a picco sulla valle dell’Anapo.

La grotta che accoglie la chiesa rupestre, è la più grande tra quelle disseminate sulla “Costa di san Corrado”. In queste grotte, usate come abitazioni trogloditiche, in epoca bizantina furono rinvenuti oltre un migliaio di utensili litici: bulini, lame, grattatoi, ecc. La grande quantità e il grado di rifinitura degli utensili, fecero supporre l’esistenza nella zona di una industria litica risalente all’ultima fase del paleolitico. Alcuni di questi esemplari, oggi si trovano al museo regionale “Paolo Orsi” di Siracusa.

La tradizione ci fa sapere che in questa grotta, trovò riparo san Corrado Confalonieri, quando, vestito l’abito del terziario francescano, incominciò a girovagare in lungo e in largo fino al momento in cui, verso il 1331, approdò a Palermo. Poi, dopo varie peripezie arrivò fino a Palazzolo dove scelse come rifugio temporaneo la grotta di cui sopra per spostarsi in un secondo momento a Noto e infine nella vicina "Grotta dei Pizzoni", nei pressi del colle  armato di  tre “pizzoni” rocciosi. In quell’angusta grotta allargata a forza di gomiti l’eremita trascorse trent’anni della propria vita e in quel posto fu eretto l’Eremo di San Corrado di Fuori. 

La leggenda

La tradizione narra di come San Corrado fosse stato accolto male dai Palazzolesi tanto che gli lasciarono andare contro dei cani e lo cacciarono a sassate. Si racconta che l’eremita, sdegnato, prima di uscire dal territorio di Palazzolo, si scrollasse la polvere dai sandali per essere sicuro di non portarsi dietro nemmeno un granello di terra palazzolese. La leggenda, com’è ovvio, trae spunto dai soliti motivi campanilistici tra paesi confinanti.

Di tutti gli storici del tempo che hanno scritto del santo piacentino e delle sue disavventure a Palazzolo, l’unico del suo tempo è un umile fraticello suo compagno, Fra Michele Lombardo Vetrano: “…Et fra corradu confurtatu da deu vindi a val di nothu et passandu volsi allibrigari a li casi di palaczolu. Quisti di palaczolu mali volinteri lo arricolsiru, et prisiru a dirichhi multi injury et villany, et multi laydi paroli...”. Gli esegeti che seguirono presero per buona questa fonte senza preoccuparsi di verificare alcunché. È fuor di dubbio che se il Santo fosse stato trattato così male durante la sua permanenza a Palazzolo, il suo culto in loco non avrebbe avuto gli sviluppi che ebbe. Questo è poco ma è sicuro.

Col consenso della chiesa, in seguito, la grotta fu ingrandita nelle sue dimensioni attuali e trasformata in una chiesetta rupestre, con l’aggiunta di un altare di cui resta ancora la base e dietro al quale si riconoscono tracce di affreschi. Più tardi fu abitata da un altro romito e vi fu portato il “divinissimo”. Scrive P. Giacinto Leone: “Fin tanto fu in detta chiesa il romito fu in venerazione, celebrandovi la festa con gran divozione, e universale concorso; e in ogni tempo ricorrevano all’intercessione del santo nei loro bisogni. Morì il romito e a poco a poco si destrusse la chiesa ma non perse la devozione” (Selva, 1766).

Sei anni dopo il terremoto, nel 1699, fu richiesta la benedizione perché già la chiesa era stata riparata. Malgrado ciò la chiesetta di san Corrado, il 12 luglio del 1712 fu totalmente interdetta dal vescovo di Siracusa mons. Asdrubale Termini. Infine il 2 settembre del 1749 il vescovo mons. Francesco Testa concede che la chiesa di san Corrado “perché mediocremente acconciata: vi si celebri una volta l’anno” (P.G. Farina, Selva, 1869). Alla fine nemmeno quella.

Oggi la grotta è ritornata ad essere semplicemente una testimonianza storico-archeologica sugli insediamenti protostorici dei popoli acrensi. L'antico quadro secentesco di san Corrado, visibile all’interno della grotta, più avanti fu opportunamente trasferito presso la chiesa madre di Palazzolo.

 Iblon, giornale online, 23.07.2013  


2 commenti:

muscolino giovanni ha detto...

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