Là dove finisce la Via Gaetano Italia, un secondo dopo aver messo piede (o ruota) in Via Duca d’Aosta per raggiungere finalmente Piazza del Popolo, vedi stagliarsi sullo sfondo l’imponente facciata della chiesa di San Sebastiano.
Ancora un battito di ciglia e quello squarcio, a guisa di un gigantesco sipario, si apre a tutto campo per offrire alla vista uno scenario davvero straordinario: la monumentale basilica si erge e sovrasta maestosa la Piazza, il Municipio, il Corso, i Palazzi. Una malìa che ti strabilia. Quarantuno metri di altezza e di barocco che sembrano voler toccare il cielo: tanto misura il prospetto, scalinata compresa. Trentacinque metri la facciata, sei metri la scalinata con i suoi venticinque scalini di pietra pece dal cuore duro e dai riflessi cromatici cangianti.
E se non ci credi, varchi la porticina
della scala che porta al campanile e col metro in mano incominci a misurare: un
metro, due metri… Dopo avere superato i settanta gradini disposti a spirale che
ti tolgono fiato e ossigeno arrivi (alleluia) al piano della loggia campanaria.
Nell’arcata Nord, è posta la campana
maggiore (diametro m.3,55, peso kg 1.230): in primo piano l’immagine del Divo
Sebastiano Martiri con lo sguardo dolce e benevolo rivolto verso la piazza e
figure di altri santi e iscrizioni varie. Questa campana la prima volta fu rifusa
nel 1904 e poi di nuovo cinquant’anni dopo, nel 1954. Fu rimessa al suo posto
con tutti gli onori nel mese di luglio del 1955, e li merita davvero tutti gli
onori.
Il suono di questo bronzo è particolare e assolutamente inconfondibile, a qualsiasi distanza lo riconosci su mille. Sarà stato per una calcolata (o fortunata) alchimia nel dosare le percentuali di rame e stagno; sarà stato per un sublime dosaggio di antimonio; sarà stato per il maggiore spessore del “ventre”, (visto l’aumento di peso rispetto alla prima fusione), fatto sta che la campana grande di San Sebastiano ha un suono unico.
Il suo scampanìo, i suoi rintocchi, din
dòn… din dòn… din dòn…, hanno tono e timbro irripetibili e si odono a distanza
anche dalle contrade più remote e ti indugiano un bel po' dentro l’orecchio:
din… dòònn... E quando il vento lo hai a favore, ti sembra di stare in Piazza
del Popolo, proprio sotto la scalinata.
A Sud ad Est e ad Ovest sono allocate le tre campane mezzane, datate 1925, anche
queste con figurazioni di Santi e svariate scritte.
Ti separa ancora una manciata di metri per arrivare sul calpestìo superiore
della torre campanaria, il tetto del campanile. Ci arrivi con una scala
metallica mobile, cioè spostabile. Lì sei a 41 metri circa di altezza dal
livello della piazza e lì, in quella “terrazzina” provvista di una cancellata
in ferro termina la struttura muraria. Se hai ancora il metro in mano e se ne
hai voglia e lena, puoi aggiungere ai tuoi calcoli l’altezza del castelletto in
ferro battuto che ingabbia le altre due campane più piccole, disposte l’una
sull’altra (quella bassa è dedicata alla Madonna d’Itria, Patrona Palatioli fino
al 1689): sono tre metri circa. Non è finita: devi ancora sommare i due metri
dell’asta che al suo apice regge la ventolina segnavento a forma di bandiera (palieddu).
Se arrivi a quella, è come se toccassi il cielo con le mani. Sei a circa 46
metri, scalinata compresa, sopra il livello della piazza. Proprio la scalinata, grazie alla sua configurazione, dà
slancio alla facciata e sembra proiettarla verso mete stellari.
E dire che non la volevano… la scalinata
di San Sebastiano: “Anno 1877. Gennaio 9. Gradinata di S.
Sebast.o. Nei primi Gennajo fu terminata la pessima gradinata di S. Sebastiano.
Per essa la spesa fu lire []. Il popolo restò ingannato e dispiaciuto per aver
perduto l’antico magnifico piano, e scala, che venne sostituita dalla presente
gradinata: per cui lo stesso, onde far conoscere ai governanti la patria il suo
dolore, di notte tempo vennero strappati alcuni gradini. Alla domani vi fu
un’approvazione generale. La parte contraria fece far visaluogo, ec. Stette
zitto”. [P.
G. M. Farina, Selva di notizie storiche].
In
precedenza nella Piazza Superiore (oggi Piazza del Popolo), esistevano degli
scalini disposti su un terrapieno antistante la chiesa per permettere l’accesso
alla stessa. Sulla Piazza ricadevano inoltre il lato Est e parte del lato Sud
del Monastero delle Benedettine, iniziato a demolire nel 1907 per far posto
all’attuale Palazzo municipale.
Il
lato Sud sul Corso, terminava in corrispondenza della parete Ovest della
basilica, sulla stessa linea. Pertanto, il campanile appena edificato veniva a
trovarsi di fronte al suddetto lato del Monastero il quale, rispetto
all’odierna piazza era spostato in avanti di circa un terzo. Nel 1749, il Vescovo
del tempo mette subito le mani avanti e ordina: “Si faccia il
muro nel campanile che guarda il Monastero”. Evidentemente il campanile
poteva essere un osservatorio privilegiato per chi avesse avuto voglia di dare una
sbirciata dentro il dormitorio delle monache. Più di un secolo prima nel 1631 (e
questa volta siamo ancora alle prese con la costruzione della seconda chiesa di
San Sebastiano) ai procuratori della stessa viene ordinato di togliere le
campane dal campanile di fronte al dormitorio delle benedettine, e di cambiare
posto al campanile. E poichè lì le campane non potevano essere assolutamente
suonate per lo stesso motivo di cui sopra, era il caso di rimuovere in via
definitiva la scala mobile (di legno) appoggiata al
campanile.
Nel 1876, esattamente un anno prima della realizzazione della
magnifica scala in pietra pece “si cominciò la
strada davanti S. Sebastiano per la Guardia [P.
G. M. Farina, Selva di notizie storiche].
La
costruzione della nuova scala non solo diede alla facciata della chiesa quella
magnificenza riconosciuta da tutti, ma, con l’eliminazione della collinetta
antistante permise di mettere a punto una volta per tutte la toponomastica
della zona e soprattutto la via San Sebastiano, che, finalmente definita, ebbe
la dignità che le spettava: da Piazza del Popolo fino alla Guardia o Piazza
del Teatro (oggi fino a Piazza Liberazione).
La
chiesa di San Sebastiano e la chiesa di San Paolo dal 2002 sono state
dichiarate patrimonio dell’Unesco.
Dalla terra dei Santoni, luglio 2022
(inedito)
Riferimenti
bibliografici
P.
G. M. Farina, Selva di notizie storico-tradizionali di Palazzolo Acreide, 1869.
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