«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

San Sebastiano depulsor pestilitatis. Da Roma a Pavia alla Sicilia

 

La basilica di San Pietro in Vincoli è nota perché, fra le tante reliquie e opere d'arte, ospita soprattutto la celebre statua marmorea del Mosè di Michelangelo.

Grande stupore suscita, ciononostante, il mosaico nel terzo altare della navata sinistra raffigurante un San Sebastiano maturo, con la barba e nelle vesti di un tribuno romano (fig.1).



L'opera fu realizzata nell'anno 680, in occasione di una terribile epidemia pestilenziale; un altro mosaico simile ma più antico, si trova nella basilica di Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna; un terzo San Sebastiano con le stesse sembianze, attribuito a Giotto, si può ammirare nell'affresco absidale della basilica di San Giorgio in Velabro a Roma.

In seguito, a partire dal Rinascimento, il martirio di San Sebastiano ispirò la figura del giovane efebo nudo, frecciato e legato ad un albero di alloro o ad una colonna, facendolo diventare in tal modo l’equivalente degli eroi greci celebrati per la loro bellezza. Pertanto, il culto di Sebastiano, nominato defensor ecclesiae mentre era ancora in vita, si diffuse a macchia d'olio in Italia e poi in tutto l'Occidente grazie anche ai tanti prodigi a lui attribuiti.

Essendo il martire uscito indenne dal supplizio delle frecce, gli si riconobbe per questo motivo la prerogativa di proteggere il popolo dalle "frecce" dei castighi divini, vale a dire dalle pestilenze (e dalle malattie contagiose): di conseguenza diventò, tout court, depulsor pestilitatis.

 

Tali poteri miracolosi furono messi alla prova in occasione della terrificante epidemia di peste scoppiata in Italia e soprattutto a Roma e a Pavia nell'estate dell'anno 680, quando il Santo fu ardentemente invocato dalle due città “onde far cessare l'orrido morbo”. In quell'anno la peste fu così virulenta che i vivi a malapena bastavano a seppellire i morti.

A Roma il flagello cessò dopo una processione con le reliquie del santo presso la basilica di San Pietro in Vincoli. In segno di gratitudine gli fu dedicato un altare con l'icona musiva di cui sopra. Alla sinistra di questo altare, nella lapide marmorea, si legge in latino la narrazione leggendaria della peste che colpì Roma tra luglio e settembre di quell'anno funesto (fig. 2). 


A Pavia, colpita anch'essa dal contagio nell'estate del medesimo anno, avvenne lo stesso miracolo. Il popolo, supplice e speranzoso, portò in solenne processione la reliquia del "braccio di San Sebastiano", concessagli da Roma, e la collocò sopra un altare prontamente eretto nella chiesa di San Pietro apostolo: la peste prodigiosamente cessò. Da allora, quella chiesa, fu consacrata a San Sebastiano.

 

La fama taumaturgica del Santo, a partire da questi due episodi, aumentò di molto e pertanto si incrementò il numero delle chiese, dei santuari, e dei luoghi di culto a lui dedicati.

 

Nel 1476 Roma è di nuovo funestata dalla peste, le vittime non si contano più. Con grande fede viene invocato San Sebastiano e anche questa volta l’epidemia si arrestò come per miracolo. In segno di gratitudine, sempre in San Pietro in Vincoli a Roma, fu realizzato un affresco sul lato interno del pilastro d'inizio della navata sinistra (fig. 3), al di sopra della tomba dei pittori fiorentini Antonio e Piero del Pollaiolo. Il dipinto, anche se in una collocazione un po' defilata, rappresenta bene e in sintesi le vicende dei due eventi luttuosi accaduti a Roma e a Pavia, riunite in un'unica complessa scena.

Nella parte più alta è raffigurata la peste del 680. Si vede il vescovo di Pavia, Damiano, implorare il papa Agatone onde accordargli una reliquia di San Sebastiano (il braccio).

Nella parte centrale si notano l'angelo buono e l'angelo perverso. Secondo quanto narra lo storico Paolo Diacono, sulle case dove l'angelo cattivo (di colore nero) batteva con uno spiedo, all'interno morivano di peste tante persone quanti i colpi di spiedo. Tutto questo durò fino a quando fu fatta la citata processione propiziatoria con la reliquia proveniente da Roma. Dopo di che la peste cessò subitaneamente.

Più in basso a destra, si notano un gran numero di morti distesi a terra.

Sulla sinistra, dal centro verso il basso, occupa la scena la processione guidata dal papa Sisto IV in occasione della peste del 1476.



Un secolo prima, nel 1347, la peste arrivò anche in Sicilia, via mare. Dodici navi mercantili genovesi provenienti dalla Crimea nel mese di ottobre approdarono nel porto di Messina con a bordo alcuni marinai morti di peste e altri in fin di vita. Il contagio si diffuse prima a Messina e poi in tutta l'isola. La città fu liberata dopo avere edificato una chiesa a San Sebastiano con la solenne promessa di una processione in perpetuo nella ricorrenza del 20 gennaio, dies natalis.

A partire dal 9 giugno 1575 un'altra gravissima epidemia di peste si abbatté a Palermo e ben presto coinvolse tutta la Sicilia. Dovettero passare ben undici mesi di lotta al contagio e di ferventi preghiere al Santo taumaturgo, prima di debellare del tutto la peste.

 

A Palazzolo, San Sebastiano, già titolare di una chiesa a lui consacrata, in questa circostanza fu invocato con particolare fervore e devozione e i risultati naturalmente non si fecero attendere. Sconfitta la peste, dopo qualche anno, i sansebastianesi, e per essi la Confraternita dei Disciplinanti, memori dei benefici ottenuti dal santu miraculusu, e consapevoli che a Palazzolo il culto del martire era cresciuto a dismisura e la chiesa esistente risultava insufficiente, decisero di "ampliare et magnificare detta chiesa" In effetti sullo stesso sito fu edificata una nuova chiesa sin dalle fondamenta, finita di costruire nel 1655 e distrutta poi dal terremoto del 1693. Infine i lavori della terza chiesa, questa volta con impianto basilicale, iniziano nel 1702 per concludersi nel 1780 (fig. 4)



Nello Blancato

 Dalla terra dei Santoni, agosto 2022 (inedito)

1 commento:

Lisa Magrin ha detto...


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