“…Ricchezze, onori, amore, proprio tutto quello che volete, non mancherà al più presto possibile di venire incontro alla vostra persona…”
Nei primi di giugno mi trovavo a Bologna ad un tavolo del bar “Serendipity” per un aperitivo e per un po’ di refrigerio. Ed ecco che, come se fosse uscito chissà da dove, vedo tra i tavoli un extracomunitario armato di gabbia con dentro un pappagallo spennacchiato e con il cassettino di rito colmo di “pianeti” di tanti colori, rossi, verdi, gialli, bianchi, quasi gli stessi colori del pennuto. La scatoletta, scrigno prezioso in questo caso, teneva suggellate le segrete sorti di centinaia di passanti: bastava solo chiedere previo un irrisorio compenso. Per la verità non pensavo che ancora oggi tale “mestiere” resistesse a queste latitudini: passi per i meridionali, più ricchi di fantasia e più propensi alle illusioni, ma proprio a Bologna, una città pragmatica e con i piedi per terra, non mi sarei mai aspettato di trovare lo “zingaro”, anche se marocchino, con il tradizionale pappagallo e con la pretesa di indovinare il futuro a bolognesi e non.
Uno, maritato
Ma tant’è, per vivere, o meglio, per sopravvivere ci si inventa questo ed altro. Dopo qualche attimo di titubanza, rompo gli indugi e chiedo a voce alta e senza ritegno: “Uno, maritato”. Mia moglie e mia figlia mi guardano esterrefatte, mentre l’aperitivo e tutto il seguito che lo accompagna gli vanno di traverso: si sentono avvampare dalla “vergogna” per il mio ignominioso e meridionale comportamento. Io dal mio canto, invece, avevo deciso che era arrivato il momento di scrivere qualcosa su questa materia, visto che, quando mi era capitato dalle nostre parti, non avevo avuto il “coraggio” di fare tale richiesta, anche se finalizzata al mero possesso del bigliettino come documento e come testo; l’ultima volta mi ero limitato solamente a scattare alcune foto ad un simpatico zingarello col suo Loreto, che gironzolava davanti la chiesa di S. Paolo in occasione della festa. Dopo una ricompensa per essersi prestato al mio scatto il ragazzino mi voleva far prendere per forza dal suo pappagallo il mio “pianeta della fortuna”; ma io, irremovibile, ho rifiutato una simile “indecente” proposta. Questa volta no, non volevo perdere l’occasione e poi non correvo il rischio di essere visto da qualcuno che mi conoscesse. Il fogliettino di colore arancione per “maritati maschi” estratto rigorosamente dal pappagallo, “compare” suo malgrado del marocchino, cosi recitava: “IL PIANETA vi dice il vero: “Se una cosa vi va male, un’altra subito dopo non mancherà di andare bene: Sapete quel proverbio che avverte: “Il mondo è fatto a scale, chi le scende e chi le sale”? Ebbene questo proverbio si addice magnificamente a voi! Se altri attualmente stanno in cima, verrà anche il vostro turno per arrivare in alto. Ricchezze, onori, amore, proprio tutto quello che volete, non mancherà al più presto possibile di venire incontro alla vostra persona… il vostro nobilissimo spirito dimenticherà i torti e le offese ricevute e colmerà di bene anche chi vi ha fatto coscientemente tanto e tanto male. Ciò sarà un altro vostro pregio, proprio come si legge nel Vangelo che “la migliore vendetta è il perdono”. LOTTO. Il 5 e il 21 fanno insieme un bell’ambo ma, uniti al 71 sono il terno miglior. TOTOCALCIO. In dose quasi uguale mettendo l’uno e il pari col due, ch’è più fatale, la scheda vincerà: 1 X 1 2 X 1 1 X 2 X 2 1 2” (L’editore di questi foglietti è Campi di Foligno, lo stesso editore di “Barba-Nera”, l’astronomo degli Appennini: “Gli astri, il sole ed ogni sfera / Or misura Barba-Nera. Per potere altrui predire / Tutto quel che ha da venire”, così recitano le due manchette accanto al titolo dell’almanacco popolare). Con un solo euro il foglietto ti dava informazioni quasi esaustive sul tuo futuro, sulla tua nobiltà d’animo e sulle tue virtù, non solo, ma ti offriva pure ambate, terni e colonne vincenti per farti diventare ricco sfondato. Troppa grazia!
Illusioni e speranze
Nei nostri paesi questi zingari, zanni, arrivavano puntualmente per le feste più importanti e stavano nei punti più affollati, davanti la porta della chiesa, davanti ai bar, tentando di convincere soprattutto i giovanotti e i ragazzi che su quel fatidico foglietto tirato fuori a metà dal pappagallo c’era stampato il loro futuro e la loro fortuna. Tanto insistevano e tanto erano colorati e allettanti quegli arcani foglietti che alla fine Loreto, a comando, ti andava a beccare e a tirare fuori il bigliettino secondo l’età, il sesso e lo stato civile; con pochi spiccioli avevi l’illusione di un futuro quasi sempre roseo in tutti i campi: amore, ricchezze, lavoro. Antonino Uccello in occasione della “Mostra di documenti originali della pubblicazione I pianeti della fortuna. Canzoni e “vignette” popolari…” allestita nel 1975 presso la Casa - Museo, così scriveva nella introduzione del pieghevole di presentazione: “…Molti di noi hanno forse avuto “indovinata la ventura” da uno di questi ‘ foglietti- pianeti coloratissimi’ illustrati da una rozza vignetta che a noi ragazzi qualche volta è capitato di prendere dal becco di un pappagallo portato in giro in una gabbietta da un ometto che faceva il mestiere di vagabondo. Questi “foglietti” hanno rappresentato una sorta di fata morgana, la vita altra cui le classi subalterne hanno sempre aspirato. L’oracolo racchiuso in questi “fogli” protrae nel tempo la segreta speranza dei poveri e degli sfruttati che possono trovare soddisfatta la loro aspirazione al benessere e alla giustizia sociale solo nella rappresentazione del sogno e della rappresentazione fantastica…”. Un secolo e mezzo prima Leopardi nel suo “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere”, chiariva: “Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce, non la vita passata, ma la futura”. E ancora prima nello “Zibaldone”: se “…desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l’ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione e speranza non vorremmo più vivere…”. Con altre parole Uccello conferma la tesi di Leopardi, anche se limita il campo alle classi subalterne, ma l’idea di fondo è la stessa: non distruggere le illusioni, alimentare la speranza. Uccello stesso visse sulla sua pelle di bambino l’annunciata e prematura morte del padre da parte di una indovina venture: “…M’hanno macchiato il cuore di paura: / lo predisse a mia madre / appena sposa / - stendevano le donne grano al sole - / la vecchia dalla faccia di cotogna / che porta in giro il pappagallo verde / strani merletti e vende la ventura” (A. Uccello, 1958).
Di tenore tragicomico (più comico che tragico per la verità) l’episodio riferito invece da Padre Giacinto Farina nel 1871, sempre in occasione della festa di San Paolo a Palazzolo: “Corna predicate - In quest'anno è venuta una giovane Romana, che portava 3 gabbie ove erano una gallina, alquanti passeri e alcuni canari. Questi animali uscivano dalle gabbie e prendevano una poliza che leggevasi in publico: e divertivansi i gonzi alle spalle altrui. Ad un povero ciullo toccò in sorte: voi siete cornuto. Vollene un'altra: voi siete cornuto. Vediamo la 3a. L’animale prende: si legge: Voi siete cornuto: La cosa fu amara ma dovette ingoiarla: si propalò che la faccenda era a proposito. Quel melenso dovette farne la penitenza”.
Il Corriere degli Iblei luglio agosto 2004
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