Sammastianu
cavaleri ranni / cavaleri di Diu senza disinni / quannu lu 'ssicutavunu i
tiranni / sutta 'n peri di d'auru mantinni...
Palazzolo.
"Conosci il Paese dove fioriscono i limoni, dove le arance d'oro
occhieggiano tra lo scuro fogliame... dove accanto al silenzioso Mirto s'erge
alto l'Alloro?". Molti aspetti del nostro Paese colpirono la fantasia
di Goethe, ma indimenticabile gli restò il ricordo del clima dolce e mite dove
maturano arance e limoni e dove è frequente imbattersi tra le verdi boscaglie
in due piante dal gradevole aroma, il Mirto e l'Alloro.
L'alloro
nell'antichità classica
L'alloro, come si sa, è un arbusto sempreverde
diffuso allo stato spontaneo nella macchia mediterranea che può raggiungere le
dimensioni di un albero. Questa pianta era tenuta in grande considerazione
nell'antichità classica, l'età dei miti e delle leggende, quando anche il culto
degli alberi aveva un ruolo di primo piano.
L'alloro era consacrato ad Apollo e il rapporto
cultuale tra questo albero e il dio della luce, era assai diffuso nella
mitologia greco-romana. La ragione di questo legame è da ascrivere al mito di
Dafne, la ninfa greca amata da Apollo che per sfuggirgli si trasformò in pianta
d'alloro. E Apollo dei suoi rami si fece una corona che portò sempre con sè.
Apollo, raffigurato come giovane e bello e
prototipo divino dell'efebo, era l'ideale stesso della bellezza e l'alloro
sempreverde simboleggiava la sua eterna giovinezza. Supremo tutore dell'ordine
di Zeus, il dio era raffigurato armato di arco e frecce che, ab antico, rappresentano metaforicamente
i tormenti della peste.
Con l'alloro, assurto ben presto a simbolo
dell'onore e della gloria, si incoronavano i vincitori e si consacravano i
trionfi. Come è attestato da Tacito, i comandanti delle legioni romane
adornavano le loro insegne con i rami di alloro e celebravano i loro trionfi
attraversavando la città su un cocchio trainato da quattro cavalli
inghirlandati di alloro. I Pontefici e i Cesari lo piantavano davanti alle loro
abitazioni; la casa del divino Augusto, sul Palatino, era letteralmente
circondata di allori e lo stesso, mentre celebrava i suoi trionfi, teneva una
fronda di alloro nella mano destra, lo scettro in quella sinistra e un serto di
alloro sul capo.
Ancora oggi l'alloro, segno di gaudio e di
trionfo, offre i suoi rami per onorare gli eroi e i caduti e chi ha concluso
gli studi universitari si premia con la "laurea", simbolo di nobiltà
accademica.
San Sebastiano
e l'alloro
Da quando il culto di S. Sebastiano, a partire
dalla seconda metà del IV secolo, da Roma si diffuse in Italia e poi in tutto
l'Occidente, si può dire che non ci sia stato artista (il Mantegna, il
Perugino, Raffaello, Tiziano, Antonello, Botticelli, Sodoma, ecc.) che non
abbia, almeno una volta, dipinto ed esaltato l'immagine del Santo.
L'iconografia rinascimentale predilige e raffigura S. Sebastiano come un
giovane dai tratti apollinei trafitto da
frecce e tale è rappresentato nella iconografia popolare, idealizzato come
l'equivalente degli eroi greci celebrati per il loro coraggio e la loro
bellezza (Apollo, Adone). Lo stesso Michelangelo lo affrescò nel "Giudizio
Universale" della Cappella Sistina come un giovane nudo e dalle forme
robuste e possenti.
In epoca cristiana, S. Sebastiano il frecciato
(il richiamo ad Apollo è palese) diventa taumaturgo contro la peste,
manifestazione dell'ira di Dio.
Tante sono, altresì, le connessioni fra il Santo
martire di Cristo e l'alloro, immancabile, un tempo, nei pressi dei santuari
perchè utilizzato a scopo di espiazione e di culto nei vari riti. Nella Passio Sancti Sebastiani si narra del
primo martirio del santo avvenuto sul colle Palatino in un boschetto sacro ad
Apollo, lussureggiante proprio di alberi di alloro; il Martire condannato al
supplizio per essersi rifiutato di rinnegare la propria fede fu legato ad un
albero e colpito da tante frecce da sembrare un riccio. Nello stesso sito, in
ricordo, fu poi eretta una chiesa con affreschi e tele che narrano il martirio
di questo eroe cristiano.
Narra Plinio che per gli arcieri romani l'alloro
era portatore di pace e messaggero di gioia e di vittoria e con lo stesso
adornavano gli archi e le frecce. S. Sebastiano subì il primo martirio ad opera
di costoro e proprio di questa corporazione, pur essendone rimasto vittima,
divenne protettore.
Considerato che la gloria degli eroi si celebra
con fronde di alloro, ecco dunque che questa mitica pianta è presente in molte
feste di S. Sebastiano, eroe della militia
Christi (a Palazzolo, fino a qualche tempo fa l'alloro, simbolo di
immortalità, faceva la sua comparsa all'interno delle chiese la mattina della
IV Domenica di Quaresima).
A Cerami i devoti di S. Sebastiano per la festa
del 20 gennaio recano in processione, per adempiere ad un voto, grandi bandiere
di alloro da offrire al Santo. A Tortorici e a Maniace, vengono portati in
processione rami di alloro arricchiti con nastri variopinti. In questi due
centri la cultura orale continua a tramandare degli antichi versi popolari dove
si parla di 'n peri di dauru (alloro) che richiamano, con le debite varianti, una "storia" di
S. Sebastiano raccolta a Palazzolo da chi scrive nei primi anni '90 dalla viva
voce della signora Paola Finocchiaro. Sui Nebrodi si invoca: "Sammastianu cavaleri ranni/cavaleri di Diu
senza disinni/ quannu lu 'ssicutavunu i tiranni/sutta 'n peri di dauru mantinni;/calaru l'angileddi cu
li parmi/dicennu: Vastianu 'cchianatinni./lassa l'oru la sita e li panni:/la
grazia di lu celu 'nterra scinni...
E, sempre per rimanere in tema di alloro, ci
sembra utile far rilevare che le quattro colonne del fercolo grande di S.
Sebastiano, costruito da Giuseppe Giuliano
con tutta finezza ed arte nel 1892, sono istoriate con dei festoni di
alloro e di quercia (in un comune della Calabria, ogni anno la vigilia di S.
Sebastiano viene abbattuta una quercia
secolare per accendere il luminariu, il
grande falò in onore del Santo), vale a dire la gloria e la fortezza allo
stesso tempo.
A partire da quest'anno 2000, dunque, l'alloro,
anche a Palazzolo, entra a pieno titolo nella festa di S. Sebastiano: migliaia
di ramoscelli benedetti saranno offerti a tutti coloro i quali verranno ad
onorare il Santo durante i festeggiamenti dal 6 al 17 agosto.
Il Corriere degli Iblei, luglio-agosto 2000
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