Palazzolo Acreide. Sebastiano Tanasi, alias Nnanu, alias Mastru Tanasi. Mastru non solo nell’accezione di maestro di scuola ché tale era,
ma anche nel senso di uomo creativo alla stregua dei mastri artigiani, creativi con la mente e/o con le mani.
A
metà degli anni ’60 Mastru Tanasi
mise in piedi la sua “Taverna” in un posto strategico, là dove il Manghisi,
scavalcato dal ponte, diventa Cassibile per poi sfociare a Punta del Cane, 23 Km a sud di Siracusa.
“…Hamu graputu ora stu lucali / isannu petri,
mpiccicannu ligna / sicuri di cumbattiri ogni mali / inchennu panzi. Porca di
la signa. (G. Passarello, Taverna
Maghisi). Così il suo amico, il
vernacolista Gaetano Passarello, declamava l’avvenimento.
Per
un paio d’anni gli aveva fatto da battistrada il “Vecchio Mulino di Manghisi”,
ristorante ubicato nei locali originari dell’omonimo mulino in disuso, a un centinaio
di metri più in basso.
La
“Taverna” ben presto divenne tappa obbligata per gli amanti della cucina
nostrana autentica ma anche crocevia di gente che amava il mito Sicilia e la Sicilianità , la
cultura popolare, la propria terra, il passato, le cose che lui, Nnanu, amava con tutta l’anima.
Nel
settembre del 1967 fu organizzato il “1° Premio di poesia dialettale siciliana Fiume Manghisi” sotto l’alto patrocinio dell’E.P.T. di
Siracusa, poi diventato “Premio Regionale di Poesia Dialettale”. E allora in
questo luogo magico, per incanto, ogni anno incominciarono a darsi appuntamento
sotto le stelle, a incominciare da Antonino Uccello e dal citato Passarello
(guarda un po’, tutti e due pennuti!),
poeti letterati e illetterati, uomini di cultura e non, cantori e aedi di tutte
le razze, raffinati o più o meno rozzi.
Anche
dopo, quando già il Premio aveva perso per strada l’imprimatur istituzionale. Ma
non importava, importava invece stare bene assieme, e tra un verso e l’altro, gustare
il cibo, indugiare, conversare amabilmente e bere in sana allegria: Qui, in
questo angolo di paradiso (“curnera ri paci” lo chiamava Nanu: curnera = agnuni: angolo), si assaporavano “pitittedda e camurrii: ‘ntuppateddi
di satra ciavurusa, vinu ca stuppa tutti li purtusa, mpanateddi fatti da gna
Nana, quagghi a maturra, crapa sarbagghia a craunara, panza caura a strica sali
...”(dal menù orginale), e
se c’era scarsizza potevano anche
bastare “na fedda i pani, ‘mpumaroru siccu, du scocchi i pipi, na sucata i vinu”
(S. Tanasi, Muddichi, 1999).
Naturalmente,
da buon affabulatore qual era, recitava e cantava anche lui, Mastru Tanasi, con la sua pipa, con la
sua faccia cangiante dalle mille espressioni, con la sua giacca di velluto,
accompagnato da chitarra,41 marranzano, tamburelli, friscalettu… Sembrava uscito da una novella del Verga, dalla
Cavalleria Rusticana. Scherzo del destino! Proprio Mascagni, negli anni ’30
trovandosi a Noto per dirigere la sua Cavalleria Rusticana, si trovò più volte
a fare distensive passeggiate sul Manghisi, in quel punto lì.
Nel
luglio del 1973, la giornalista americana Beatrice Tauss, assistente di Letteratura e Teatro alla Juilliard School, da turista assieme al marito si trovò ospite
proprio alla Taverna Manghisi. Al rientro negli USA pubblicò sul The New York Times un delizioso articolo
con le sue impressioni sul viaggio in Italia.
citando
fra l’altro anche la Taverna
per la bontà del cibo e del luogo e per l’accoglienza: “Stiamo pranzando alla Taverna
Manghisi…Il “cameriere” è un giovanotto gentile e cordiale che ci racconta come
d’estate da suo zio (mastru Tanasi,
n.d.a.) si guadagna qualche soldo per pagarsi gli studi all’università di
Messina (quel “cameriere” oggi è professore universitario a Messina n.d.a.). Parliamo di Giovanni Verga… Ci aiuta
a ordinare piatti contadini, casalinghi,…
Mangiamo dell’agnellino squisito, annaffiato con vino locale… Per dessert c’è
una specialità della zia: dolcetti ripieni di miele e mandorle…”
Agli
inizi degli anni ’90 Sebastiano Tanasi fondò il gruppo di canto popolare Majaria eponimo di una sua raccolta di
versi dialettali pubblicata nel 1989. Con questa sua compagnia di cantori fece
il giro del mondo in lungo e in largo (Giappone, USA, Scozia, Egitto, ecc.)
deliziando le comunità siciliane con canti, suoni balli e frizzi e lazzi della
nostra terra.
Oggi
la Taverna Manghisi
esiste solo nei ricordi di chi ha vissuto quella stagione. Nei fatti rimane una
casa di campagna abbandonata e ridotta a mal partito. E lui, Mastru Tanasi, dal suo schizzo a carbone
abbozzato sulla grande parete, sembra rassicurare tutti: “Non vi preoccupate,
io sono sempre qua, nella mia “curnera ri
paci”.
CAMMINO, settimanale
diocesano, 19.01.2012
Iblon,
giornale online, 2.08.2012
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