Con diploma datato 26 dicembre
1481 l'allora vescovo di Siracusa monsignor Dalmazio Santo Dionisio, diede
facoltà al Capitano, ai Giudici, ai Giurati e alla Università "della
Comune di Ferla" di erigere una chiesa dedicata a S. Sebastiano martire.
Distrutta dal terremoto del 1693, la chiesa fu poi riedificata per PIA
DEVOTIONE CONFRATRUM S. SEBASTIANI... come si rileva dall'iscrizione sul
cornicione del secondo ordine della facciata.
In un
documento d'archivio cinquecentesco datato 3 gennaio 1533, il barone di Ferla
don Gaspare Moncada, memore delle antiche grazie ottenute per intercessione del
gloriosissimo Bimartire, elargisce donazioni e benefici ai sudditi e concede il
privilegio di una fiera da tenersi cinque giorni prima della festa fissata al
26 luglio.
Nel
1630, dietro supplica del Capitano, dei Giurati, ecc., il papa Urbano VIII con
Bolla pontificia conferma Patrono principale e Protettore "della terra di
Ferla" san Sebastiano martire, e il 13 settembre 1642 istituisce la
festa ufficiale.
Antichissimo
anche a Ferla dunque, come del resto in
provincia e in tutta la Sicilia, il culto relativo a san Sebastiano: la
festa oggi è fissata al 20 gennaio e al 20 luglio. Nelle stesse date e con le
stesse modalità (nuri, sciuta, processione con il simulacro) ma
a stagioni invertite, il patrono di Ferla viene festeggiato anche a Melbourne
dalla comunità ferlese.
Per
un certo periodo la festa estiva si svolgeva il 20 di agosto in coincidenza con
la chiusura dell'annata agricola come succede ancora il 10 per san Sebastiano
di Palazzolo e per tutte le altre feste estive collegate al tradizionale ciclo
di lavoro dei campi; quindi: ringraziamento al Santo per il raccolto e offerta
di generosa messe di frumento. A Ferla questo prezioso dono veniva offerto a
san Sebastiano con una rappresentazione assai spettacolare durante la
processione di mezzogiorno: la "cavalcata" dei massari. Chi di loro
offriva di più si aggiudicava una pesante campanella d'argento e aveva il
privilegio di guidare la "cavalcata" suonando la campana per tutto il
tempo della processione. I viestii,
bardati a festa, con nastrini rossi e con l'immagine di san Sebastiano
infiocchettata alla cavezza, portavano grandi bisacce stracolme del biondo cereale. Finita la processione il grano si
depositava in magazzino e si vendeva per conto della chiesa.
Altra
tradizione, andata in disuso a metà degli anni '50, era la corsa dei cavalli
nella vigilia e nel giorno della festa (anche a Palazzolo Acreide a metà degli
anni '30 del secolo scorso, il 9 agosto vigilia della festa si svolgeva la
corsa dei cavalli in pieno Corso). Finita pure la tradizione dell'albero della
cuccagna, chiamato "u travu a
cuddura" per via del palio che era costituto da grosse ciambelle di
pane.
La
vigilia della festa, subito dopo la messa vespertina, c'è la
"svelata" e la "curruta ri
Sammastiano". Il Santo appare all'interno della sua nicchia, quindi
avanza fino al limite dell'altare maggiore tra le grida di evviva dei fedeli
presenti. Il simulacro di san Sebastiano è una pregevole statua cinquecentesca
(1530) in legno d'arancio apprezzatissima anche dagli storici e dagli artisti
del tempo per la sue fattezze apollinee.
Anche
il vescovo di Siracusa mons. Tommaso Marini, andato in visita pastorale a Ferla
nella seconda metà degli anni venti del XVIII secolo, rimase entusiasta della
perfezione anatomica della statua e volle donare la sua croce pettorale, in oro
massiccio, al Santo (tale croce fu sacrilegamente trafugata nei primi anni di
questo secolo e sostituita con una in argento grazie alla generosità dei ferlesi).
Dopo
il canto dei Vespri esce in processione il fercolino con l'urna contenente le
reliquie di S. Sebastiano, accompagnato
dalla banda musicale e dai fedeli. Il Santo rimane in chiesa per essere
vegliato e venerato dai devoti. Un tempo la raricula
in processione era preceduta dalla giurgintana
(stemma frecciato di S. Sebastiano) portato dai confratelli dell'omonima
confraternita, tutti vestiti di rosso.
Giorno
20, all'"alborata", 'a missa i l'arba, dopo lo sparo
dei 21 colpi a cannone e la santa messa, inizia il pellegrinaggio al Santo dei
devoti (molte le donne scalze) recanti la 'ntorcia
promessa; molte le offerte di ceri e quadroni, anche del peso di un
quintale come quelli offerti qualche tempo fa dal signor Zangara.
Fino
a cinquant'anni addietro circa, e anche prima, l'arburata era appannaggio dei nuri
che, cinti solamente di un perizoma rosso sostenuto da una fascia a
tracolla, giravano in pellegrinaggio il paese inneggiando a san Sebastiano. Il parroco del tempo, alla fine,
proibì questo pellegrinaggio devozionale per via del costume quasi adamitico.
Cambiato look cambiarono pure le modalità della devozione. I nuri non
pellegrinarono più all'alba ma diventarono i portatori del fercolo all'uscita
di mezzogiorno.
All'interno
della chiesa è un continuo via vai di genitori con in braccio i loro bambini
per consacrarli al Santo tramite il contatto con il simulacro. Alcuni sono
piccoli, nuri integrali e ancora
poppanti, cinti solo di un nastro rosso, altri vengono spogliati e i vestitini
offerti al santo vanno ad ornare le colonnine del fercolo, rito che continuerà
durante la processione. Alle stesse colonnine fino ad una decina di anni fa
venivano legati mazzetti di basilico (pianta santa, simbolo d'amore ricambiato)
presentati dai devoti. In chiesa, invece, venivano deposti ai piedi del Santo
con funzione purificatoria grandi vasi di terracotta sormontati da palle di
basilico rizzu e ornati di nastrini
rossi
I nuri, anche qui, come a Melilli, Avola,
Canicattini e in altri centri ancora, sono tra i protagonisti della festa. A
Ferla, come detto, hanno il privilegio di essere i portatori del Santo,
privilegio garantito fin dalla sera della vigilia da un fazzoletto personale impegnato
in uno dei due baiardi che sostengono
il fercolo.
Si
vestono nella parte alta del Corso, sotto l'arco Buccheri, nei pressi della
chiesa di Santa Maria delle Grazie: capo scoperto, pantaloni bianchi, causi i tila, filettati di rosso ai
lati, petto nudo attraversato da una fascia (anche questa rossa) legata ai
fianchi e sulla quale è appuntata l'immagine del Santo. Verso le ore 11,30
accompagnati dallo stendardo e dalla banda e al grido di e cchi ssiemu tutti muti? Viva San Mmastiaaanu!... si avviano in
processione verso la chiesa. Li precede, per tutta la larghezza della strada,
un nastro rosso su cui è pinzato il denaro offerto da loro stessi; seguono
subito dopo i nuri bambini con
corbeille di fiori freschi, e, dietro ancora, il nuru più anziano che regge un grande quadro del santo Patrono. E'
una vera esplosione di colori e di fede.
Dopo
una breve sosta davanti al sagrato, in attesa che scocchi mezzogiorno,
repentinamente, al grido di Viva San
Mmastiaaanu...! i nuri, con un
furibondo rush (la corsa è una peculiarità dei nuri di S. Sebastiano) vanno a
caricarsi d'impeto il fercolo all'interno della chiesa. Uscito il Santo tra
scampanii, mortaretti e volantini colorati, inizia la solenne processione a spalla per le strade del paese:
il braccio d'argento (portato da un sacerdote) contenente alcune reliquie
esistenti già prima del terremoto del 1693, la piccola vara con altre reliquie del Santo portata dai nuri più giovani, il fercolo con S. Sebastiano, la banda, le donne
scalze per voto e quindi una folla di devoti.
I
balconi pavesati a festa con la "croce cavaliere" straripano di gente
che al passaggio si inginocchia e si segna. Al giro di boa ra Cruci o Carminu, a Sud del Corso Vittorio Emanuele, il Santo con
un fulmineo sussulto (di nuovo la corsa!) improvvisamente si mette a correre,
fino alla chiesa di cui porta il titolo. Ripreso il ritmo regolare, il Santo
continua la processione per le principali vie del paese tra gli osanna dei
devoti.
La
sera dopo la celebrazione della Santa Messa, il simulacro di san Sebastiano
sistemato sull'artistico Carro, viene fatto processionare per le vie della
città per un nuovo bagno di folla.
Il
tradizionale spettacolo musicale e i fuochi pirotecnici chiudono la festa.
I SIRACUSANI, bimestrale di storia arte e
tradizioni, luglio-agosto 1999
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