«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

Capodanno e dintorni

 Lasagni cacati e vinu a cannata, bon sangu fanu pi tutta l'annata


L'origine dei più antichi sistemi per la valutazione dello scorrere del tempo si collega, secondo l'ipotesi più accreditata, allo sviluppo delle culture agricole e dell'allevamento del bestiame avvenuto nel Neolitico.

Con il termine calendario, oggi si indicano i vari sistemi di suddivisione del tempo in periodi fissi.

L'ultima riforma calendariale del mondo occidentale risale al 24 febbraio 1582 con la bolla di Gregorio XIII, accolta per prima dai Francesi che già nel 1564 avevano fissato il Capodanno al 1° di gennaio come si faceva a Roma sin dal 135 a.C.

Fino a qualche secolo fa la data del Capodanno variava secondo gli Stati o addirittura da città a città.

In tutto il territorio italiano si è giunti al 1° gennaio in modo graduale. Nell'isola, ad esempio, ancora all'inizio del XVII convivevano lo stile fiorentino (25 marzo) e quello della Natività (25 dicembre). Fu il Duca di Feria, Vicerè di Sicilia, a ordinare che a partire dal 1604 si cominciasse a contare l'anno dal 1° gennaio.

 

USANZE DI CAPODANNO

Auguri di Buon Anno! Dell'uso di tali parole augurali si trova la prima traccia in alcuni geroglifici incisi dagli schiavi di Amenhotep II, il Faraone che governò l'Egitto dal 1461 al 1436 a.C. 

Durante il monachesimo l'usanza venne ripresa dagli amanuensi i quali crearono artistiche immagini sacre con riportati gli auguri per un prospero anno nuovo. E' questa la genesi delle espressioni augurali scritte o verbali che noi usiamo oggi per Capodanno, e, in Belgio, gli auguri si fanno anche agli alberi e agli animali.

La mezzanotte è il clou della festa in quanto spartiacque tra il vecchio e il nuovo (gennaio era rappresentato da Giano, il dio romano con due facce, una rivolta al passato, l'altra al futuro: è evidente il richiamo al simbolismo solstiziale).

 Le massaie di una volta, come riferisce Pitrè, prima di tale ora fatidica cercavano di finire ad ogni costo il lavoro intrapreso poichè se ciò non fosse accaduto quel lavoro sarebbe rimasto incompleto per tutto l'anno; e per evitare tale iattura recitavano in ginocchio e con le mani alzate cinque credo, cinque salveregina, cinque paternostri, cinque avemmarie, cinque gloriapatri, e chiudevano con una orazione finale la cui ultima parola doveva essere pronunziata prima dell'ultimo tocco della mezzanotte.

In questo istante l'anno vecchio porta via con sè tutto il male fisico e morale; da qui l'usanza (che oggi per fortuna sta andando in disuso) del "rito di eliminazione", con il lancio dei cocci dalle finestre. A questo si accompagnano i botti che, oltre alla funzione apotropaica (a Vienna in tal senso si vanno a toccare i genitali un maialino vivo), esprimono allegria.

La notte di S. Silvestro è quindi una notte veramente particolare, caratterizzata da una serie di rituali volti a sottolineare il momento eccezionale del passaggio da un tempo consumato a un tempo rigenerato e intesi a fondare il nuovo ciclo. In questa notte nel Molise, gruppi di giovani e adulti girano per il paese fino all'alba suonando e cantando frasi scherzose. In Calabria si accende ritualmente un grande falò e tra canti e danze si attende la mezzanotte. Poi si intona la strina e i ragazzi girano di casa in casa per chiedere in dono dolci o denaro (ricevere doni è segno di buon augurio); lo stesso avviene, con delle varianti da paese a paese, a Villafranca, a Misterbianco, ecc. Nel Siracusano la mattina di Capodanno era in voga il seguente canto popolare: "Jnnaru porta la festa a lu primu/comu si leggi ogni annu a calennariu,/ lu primu jornu c'agghiorna è la Strina" e i bambini di Avola, di Canicattini e di altri centri andavano in giro a chiedere la strina, i doni.

Questo rito dei doni nell'antica Roma era tra i più caratteristici del Capodanno. I Romani invitavano a pranzo gli amici e si scambiavano miele, datteri e fichi secchi adornati da ramoscelli di alloro, propriamente detti strenae, come augurio di fortuna e di felicità (ancora oggi a Napoli sopravvive questa usanza: si regalano fichi secchi avvolti in foglie di alloro). Dopo la presentazione delle strenne si recavano tutti al proprio lavoro dando a questo atto un valore simbolico onde perpetuare i benefici del primo giorno per tutto l'anno.

Nel folklore attuale, i riti augurali oltre allo scambio di felicitazioni e al brindisi, si riducono a mangiar cose minute, come le lenticchie (col cotechino) perchè, richiamando le monete, agevoleranno la prosperità economica dell'anno che va a cominciare. La stessa valenza ha l'uva bianca o passa. E lo stesso vale per il panforte e il torrone poichè le nocciole e le mandorle sono considerate da sempre sinonimo di abbondanza.

Nel folklore passato, per Capodanno, non potevano mai mancare le lasagne cacate: lasagne di casa col ragù di salsiccia, informaggiate di pecorino e cacate di ricotta fresca insaporita di pepe nero macinato; il tutto innaffiato da generosi boccali di vino forte: "Lasagni cacati e vinu a cannata, bon sangu fanu pi tutta l'annata". E guai a mangiare altro tipo di pasta quel giorno: "Cu' mancia a Capu d'annu maccarruni, tuttu l'annu a ruzzuluni".

Un pane particolare preparato nella zona di Modica la vigilia di Natale e mangiato per Capodanno, secondo quanto riferisce Uccello nel suo "Pani e dolci di Sicilia", era u cannizzu, pane di forma cilindrica che richiama il cannizzu del frumento. Prima di infornarlo, si introducevano dalla "bocca" dei pezzettini di pasta grossi come chicchi di grano e ad ogni tocco si ripeteva una invocazione con valore propiziatorio: Signuri m'ati a-ddari na bbon'annata:/Nu cannizzu i frummientu,/nu cannizzu i uòriu,/nu cannizzu i favi,/nu cannizzu r'avena, ... e poi di nuovo. Altrove (nel Trapanese) si preparava il cosiddetto pani cu la paci, un pane figurato con due braccia incrociate come segno di amicizia e di pace.

Premesso che, secondo un'antica credenza popolare, chi nasce il primo dell'anno sarà fortunato e felice per tutta la vita, tutto quello che si fa in questo giorno (lo abbiamo visto anche ai tempi dell'antica Roma), lo si farà per tutta l'annata: "Zoccu si fa lu capu di l'annu,/Si fa tuttu l'annu". E' importante quindi far sì che inizi bene il nuovo anno anche perchè si è soliti credere che il primo giorno è quello giusto per trarre auspici. Così appena si esce di casa avrà molta importanza il primo incontro: vedere per primo un vecchio significherà che ci è destinata una lunga esistenza; se si incontra una donna sposata l'annata sarà favorevole, se nubile ci aspetta un anno pieno di guai. Particolare efficacia avrà l'incontro con i soliti portafortuna: il gobbo, il soldato, un cavallo bianco e, una volta, un carro pieno di fieno.

 Vi sono poi delle pratiche divinatorie dalle quali si traggono le risposte per capire l'andamento positivo o negativo del nuovo anno: per esempio si butta nella padella del piombo liquefatto e dalla forma che prende si interpreta il futuro, oppure si getta per aria un oggetto e, secondo come cade a terra, assume determinati presagi e via di questo passo.

IL CORRIERE DEGLI IBLEI, gennaio 2000


3 commenti:

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