«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

Correva l’anno… Hyblon re di Pantalica

 


Palazzolo. Con la nascita a metà luglio del nuovo Iblon on-line che ha cambiato logo ma ha conservato il nome storico, ci è sembrato opportuno soffermarci proprio su questo, sul nome Iblon, italianizzazione dell’originario Hyblon, nome del re di Hybla. Hybla la leggendaria, il più importante centro della Sicilia orientale preellenica conosciuto per la sua flora, dove “le rose nascono dal sangue di Venere e dai baci d’Amore” (Anonimo, Pervigilium Veneris) e per il suo miele, nettare degli dei. Hybla e il suo miele, in particolare quello di timo, apprezzato fin da quando, secondo la leggenda, si trovò a passare da queste parti il pastore Aristeo che riusciva ad addomesticare le api col suono del suo “friscalettu” e insegnò alle genti di Hyblon l’apicoltura razionale, tradizione ancora oggi ben viva nel territorio.  Miele magnificato nei secoli da poeti e scrittori come Omero, Apuleio, Virgilio, Plinio, Ovidio, Teocrito. Chi a suo tempo fece questa scelta per intestare un giornale on-line, la fece, quindi, a ragion veduta. Un giornale che nasce negli Iblei (montagne il cui nome, anche questo, si fa risalire al re siculo), nel cuore di Pantalica tra gli altipiani e le cave delle valli dell’Anapo, non può che chiamarsi Hyblon. Hybla-Pantalica è la più grande necropoli d’Europa; un’area di grande bellezza e di notevolissimo valore naturalistico e archeologico, testimonianza della vita e delle civiltà esistenti in Sicilia prima dei greci e in epoca bizantina. Nel corso dei millenni è diventato un topos letterario e artistico citato da tantissimi autori anche contemporanei, fino ad essere dichiarato Patrimonio dell’Umanità nel 2005.

Hyblon fu l’ultimo re di Hybla, la capitale di questo piccolo regno esistito fra il XIII e l'VIII sec. a. C., uno dei primi centri abitati della Sicilia orientale. Il sito, un altopiano che strapiomba sull’Anapo e sul Calcinara, fu scelto per la sua difficile accessibilità. Dava sicurezza alle popolazioni sicule della fertile fascia costiera che qui si erano insediate per sfuggire agli attacchi dei popoli del sud Italia. Una vera e propria fortezza naturale, dunque. Intorno al 700 a. C., come riporta Tucidide nel VI libro de “La guerra del Peloponneso”, Hyblon concesse ai megaresi guidati da Lamis e mandati via da Leontinoi e da Thapsos di stanziarsi in un tratto costiero del suo territorio, vicino la baia della futura Augusta, dove fondarono una città, alla quale in onore del re Hyblon, diedero il nome di Megara Hyblea. Hybla sicuramente fu distrutta, assieme a Megara Hyblea, in seguito alla conquista della costa orientale da parte dei greci di Corinto che fondarono Siracusa nel 734 a. C. e in seguito Akrai nel 664 e Casmene 20 anni dopo circa. Allora, per molti secoli su Pantalica calò il silenzio. Poi a seguito delle scorribande arabe in tutta la Sicilia iniziate nell’827, le popolazioni del posto di fede bizantina cercarono rifugio nella vecchia fortezza naturale di Hybla, la montagna su cui Hyblon aveva posto il suo regno, e sulla cui parete rocciosa erano state scavate più di 5.000 tombe. Le stesse vennero trasformate in abitazioni, rese accessibili e collegate tra loro da scale, pertiche, funi, piattaforme di legno; inoltre furono impiantati quattro piccoli villaggi e scavate tre chiese rupestri. Di questo nuovo popolo di Pantalica si hanno notizie fino al 1169, anno in cui si verificò un tremendo terremoto che costrinse quanti la abitavano a lasciare quei luoghi impervi per sempre. 

Iblon, giornale online, 20 settembre 2012

2 commenti:

muscolino giovanni ha detto...


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