«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

C’era una volta... il lume a petrolio

 



Il lume a petrolio fu proposto per la prima volta all’esposizione di Parigi del 1867. Non più olio o trementina per alimentare i lumi, ma petrolio “americano”, così chiamato perchè proveniva dagli USA dove nel 1859 era entrato in funzione il primo pozzo petrolifero. 

Erano stati così eliminati gli inconvenienti della fiamma troppo ricca di carbone, della fuliggine, della luce rossastra ed ineguale e del cattivo odore, o meglio, il “cattivo” odore era rimasto ma emanava una “fragranza” diversa. Per di più la fiamma con lo stoppino piatto dava più luce.

Il momento della rimozione del lume a petrolio varia da latitudine a latitudine, da zona a zona. È chiaro che con l’arrivo dell’elettricità nei centri più importanti prima e nei paesi più piccoli dopo, l’uso del lume a petrolio cominciò a rarefarsi in modo graduale per sopravvivere nelle campagne, dove l’elettrificazione era semplicemente considerata un sogno, una chimera. Ad ogni buon conto sino agli anni ‘30, ma anche a ridosso degli anni ‘40 il lume a petrolio illuminava ancora ampiamente le nostre case (a Palazzolo la luce elettrica arrivò nel luglio del 1929), per passare poi quasi esclusivamente nelle case di campagna.

Il lume passava da una stanza all’altra a seconda delle esigenze della famiglia e, quando lo si spostava, bisognava stare attenti a non fare spegnere la fiammella che veniva regolata con lo stoppino né troppo alto, né basso, per evitare fumo e cattivo odore. Nel momento in cui non c’era bisogno di molta luce si abbassava u mecciu per risparmiare petrolio. Ritorna in mente, fra le tante altre storie, l’episodio del Piccolo scrivano fiorentino del libro “Cuore”: “...Una notte aspettò ch'egli (il padre) fosse a letto, riaccese il lume a petrolio, sedette alla scrivania, dov'era un mucchio di fasce bianche e l'elenco degli indirizzi, e cominciò a scrivere, rifacendo appuntino la scrittura di suo padre... E così fece per varie notti. E suo padre non s'accorgeva di nulla. Solo una volta, a cena, uscì in quest'esclamazione: - È strano, quanto petrolio va in questa casa da un po’ di tempo!...”. Si intuisce in questa frase non solo la sorpresa ma anche la preoccupazione del padre di Giulio per l’eccessivo consumo di petrolio che andava a gravare sull’economia familiare.

 

Sono tante le storie e gli aneddoti che il vecchio lume a petrolio richiama alla mente; sono tanti i flashback che restituiscono immagini di vita familiare d’altri tempi, dove l’onestà, gli affetti, il decoro, erano i valori che più contavano.

Durante la seconda guerra mondiale il lume riprese a far luce e ad essere protagonista a causa dell’oscuramento serale predisposto dalle autorità militari: veniva eseguita l’interruzione dell’energia elettrica per evitare di essere facili bersagli di eventuali attacchi aerei.

E comunque, a parte gli oscuramenti bellici, nella fase iniziale (e non solo) dell’elettrificazione dei nostri paesi e delle nostre campagne i black out erano abbastanza frequenti. Se questo succedeva (per fortuna o per sfortuna, a seconda dei punti di vista) quando il fidanzato la sera andava in visita a casa della sua bella, la suocera o la nanna, a seconda di chi “montava” la guardia, per evitare un “vasa vasa trarimintusu” e “peccaminoso” tra i due piccioncini, esclamava a gran voce: "Friscàmu e battiemu i manu". Fra l’altro il lume non sempre era a portata di mano. 

Come detto, quando non c’era necessità subito si abbassava la fiammella del lume per risparmiare petrolio e mecciu. A tal proposito c’era un modo di dire nei riguardi di chi era solito vantarsi o raccontare fandonie: “Càlici ‘a fiamma câ si spacca u tubbu”. Era una metafora, un’iperbole, per significare che il gradasso l’aveva sparata grossa, sovrapponibile quindi con l’altro modo di dire: “Ruossa donn’Angilu”. Il tubo, comunque difficilmente si spaccava in quanto a livello della fiamma, aveva un rigonfiamento per evitare il calore eccessivo all’interno.           

La tragedia scoppiava invece (il tubo di vetro era considerato alla stregua di una reliquia) quando si spaccava accidentalmente durante alcune operazioni: per pulirlo quando era affumicato, per fare entrare correttamente la base tra le mollette della conocchia, per gli spostamenti da una stanza all’altra: massima precauzione!  

Con l’arrivo della corrente elettrica non tutti i cittadini furono subito prepensi a cambiare il loro stile di vita e di lavoro. I motivi furono diversi: il costo per l’allaccio alla rete, il costo della bolletta, ma, oggettivamente, anche gli inevitabili ritardi per l’elettrificazione nelle zone periferiche e nelle campagne. Scettici di suo e anche per tali problemi, non pochi soggetti, soprattutto appartenenti alle classi meno abbienti, prendevano tempo per perfezionare il contratto adducendo a pretesto la leggenda metropolitana che l’illuminazione elettrica era una diavoleria e portava malefici e disgrazie…

Anche riguardo al vecchio lume a petrolio, erano tenuti in gran conto alcuni rituali e credenze

Ad esempio, per confermare la veridicità di un fatto conclamato, a mo’ di giuramento si stringeva fra il pollice e l’indice la fiamma di un lume con la seguente formula: “Ppi stu santu lumi di Diu!”. Ancora: non si dovevano tenere mai accesi tre lumi contemporaneamente in una stanza, poiché chiamavano in causa il testamento il quale si scrive sempre con tre lumi accesi e fra i presenti ci poteva essere qualcuno che avrebbe potuto rivelare i segreti detti in quella stanza. Infine, quando nasceva un bambino, per timore che sopraggiungesse la strega con i suoi poteri diabolici, sino al battesimo o sino al 49º giorno dalla nascita, la notte, assieme ad altri artifici, si teneva ininterrottamente acceso il lume a petrolio in camera.

Iblon, giornale online, luglio 2012

2 commenti:

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