A luglio e ad agosto si va per
chioccioline (vavalucieddi) che,
dormienti, stanno abbarbicate su spine e cespugli. Per non pungersi e per far
presto occorre munirsi di un bastone e di un vecchio ombrello aperto all'ingiù:
battendo gli steli le chioccioline vanno a finire sugli spicchi dell'ombrello.
Si lavano e si mettono a bollire
in acqua e sale con qualche ramoscello di niepita,
quindi si scolano e ancora calde si condiscono con olio extravergine,
aceto, origano, un pizzico di peperoncino. Questa è la ricetta classica, e si
gustano tirandole fuori ad una ad una dal loro piccolo nicchio: è un vero
sfizio.
Crastuna e ntupptieddi
Provvidenziali, invece, risultano
questi temporali estivi per la estemporanea raccolta di altre specie di
chiocciole, assai più grandi delle prime e che, anche queste, abbondano nelle
nostre zone, e in particolare: i crastuna
o barbaini (Helix aspersa o
Martinaccio, dal guscio giallo-verdognolo, zigrinato); i 'ntuppatieddi o scauzzi (Helix
pomatia o chiocciola vignaiuola, così detta perchè dimostra viva predilezione
per i teneri germogli delle viti: in letargo affonda a circa 30 cm sotto terra
e chiude il suo guscio con un robusto epiframma calcareo; i vavaluci (Helix vermiculata, dal guscio
bianco con le caratteristiche spire marrone).
Dopo il lungo sonno invernale,
nella buona stagione dormono al fresco, sotto le foglie e dentro i muri a
secco. Poi, inebriate dai primi umori autunnali, al calar della sera, rompono
gli indugi ed escono a frotte, affamate, voraci, e incominciano a triturare le
fragranti erbette molli d pioggia, semi, frutti, foglie e steli appassiti,
funghi e quant'altro è di loro gradimento, lasciando al loro passaggio bizzarri
arabeschi iridescenti di bava.
Immutata rimane ancora oggi questa
tradizione di andare a raccogliere i crastuna,
che, cucinati a dovere, diventano squisitissime leccornie.
Un tempo si andava con il lumi di
carretto o con le lampade a gas di acetilene che però bisognava ripetutamente
governare per eliminare le scorie del carburo e per ripristinare l'acqua nel
serbatoio. Oggi si va con i lumi a gas liquido o con le lampade a batteria, che
danno senz'altro più luce e sono più funzionali.
Il bordo del recipiente che deve
contenere le chiocciole durante la raccolta (meglio se è un paniere) deve
essere preventivamente cosparso di sale per evitare eventuali propositi di
fuga, difatti a contatto con il sale le chiocciole sfrigolano e sbavando
ritirano i tentacoli e rientrano nel loro guscio. Un antico indovinello popolare,
facendo leva proprio su queste due peculiarità della lumaca, così recita: "Mamma Maria, chistu cu è?// Hiavi li
corna e voi nun è,// Pitta li muri e pitturi nun è,// Mamma Maria chistu cu è?
Le contrade più ricche di
chiocciole sono quello solcate dai muri a secco, le chiuse ombreggiate, gravide
di frescura, gli orti, le cave
lussureggianti di macchie e di anse. La notte le campagne sono inondate da
decine, da centinaia di luci, ora solitarie, ora a crocchio, che compaiono e
scompaiono improvvisamente, simili a lucciole erranti.
Quando la raccolta incomincia a
dare esiti poco soddisfacenti, allora si è tentati di alzare i lumi e gli occhi
verso l'alto: e questo tempo è pure quello dei fichi, delle pere, dell'uva.
È una forte tentazione che spesso
prende gli abituali cacciatori di questi gasteropodi terrestri. È facile
imbattersi anche in grossi rospi che, gonfi di rabbia, scrutano immobili e
indispettiti per il ghiotto cibo che gli viene sottratto sotto gli occhi.
Pure gli antichi erano ghiotti di
lumache e riuscivano persino ad allevarle (certamente non secondo i criteri
della moderna elicicultura). i romani le tenevano in recinti speciali chiamati
"Cochlearia", ombrosi e umidi, e le ingrassavano con certi vegetali
mescolati a crusca bollita nel vino e a foglie di alloro.
Modi di consumarle
Le chiocciole non opercolate si
lasciano a digiuno e a purgare per almeno 4-5 giorni, in un recipiente ben
aerato. Finita la breve quarantena, si mettono a bollire e dopo la cottura,
sgusciate o non, si possono cucinare in una infinità di modi. Senza dubbio la
ricetta più sbrigativa e più semplice rimane quella del non dimenticato Turi
Rizza, stravagante personaggio palazzolese, chè lui, le chiocciole preferiva
mangiarle, anzi succhiarle, vive dai loro gusci durante la raccolta, riponendo
diligentemente gli stessi dentro il paniere, per poi presentarsi alla comitiva
con una panierata di gusci vuoti.
Le lumache si possono gustare con
una salsetta di pomodoro e cipolla ben rosolata. Si possono gustare frammiste a
peperoni piccanti arrostiti sulla brace. Infornate: insaporite con mollica di
pane abbrustolita e racchiuse tra due cialde di pasta fresca. Si preparano a
frittata, in gelatina, con il risotto, con gli spaghetti, in salsa verde,
affogate, ripiene al parmigiano, negli spiedini messi a rosolare a fuoco lento.
Per finire, un buon consiglio è
quello di pasteggiare questi prelibati molluschi con del generoso vino nostrano
per agevolare una digestione che qualche volta si presenta assai laboriosa.
CAMMINO, settimanale diocesano di informazione e di
opinione, 25.9.1994
1 commento:
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