(Ronco
Bernal, 2° a dx di via Ariete)
Ronco Bernal... Bernal! Chi era costui? Questo è il dubbio che assale chi nel leggere il nome di una strada intitolata ad un personaggio locale, si trova al cospetto di una targa che ne riporta il cognome nudo e crudo.
Se,
all’epoca, il personaggio in questione era arcinoto ai suoi contemporanei e
quindi poteva sembrare superfluo specificare chi fosse sulla targa, con il
passare dei lustri e dei secoli il ricordo si fa via via sempre più sbiadito
fino a scomparire. I posteri che sono assaliti dall’ “atroce” dubbio di cui
sopra per individuarlo sono obbligati a trasformarsi in topi di biblioteca o in
internauti, ammesso che si trovino notizie.
Sarebbe
buona norma allora che sulla targa (di marmo, resiste al tempo!), oltre al nome
e al cognome, si aggiungesse la data di nascita e di morte, il tipo di attività
o la qualifica che ha dato così tanto prestigio a quella personalità da
meritare l’intitolazione di una strada o di altro.
Questo
deve essere il criterio per una toponomastica che, oltre all’obiettivo precipuo
di identificare una strada o una piazza, deve pure proporsi di raccontare la
città attraverso i suoi uomini illustri. Una targa viaria completa permette di inquadrare
subito il personaggio e di collocarlo nel contesto storico in cui è vissuto e
si è distinto.
Solo
così la toponomastica locale consegue finalità culturale e didattica
proponendosi come trait d’union con la società e la storia del territorio e
come chiave di lettura della realtà presente e passata.
Da
questo numero inauguriamo una rubrica dedicata ai “Palazzolesi illustri nella
toponomastica cittadina”. È un modesto contributo volto ad integrare l’incompletezza
della maggior parte targhe viarie del nostro Comune.
***
Il
primo palazzolese illustre che si trova “sulla strada” e che intendiamo
trattare è Padre Bartolomeo Bernal.
Padre
Bartolomeo Bernal, teologo, fu un religioso agostiniano. Alla profonda dottrina
accoppiò la rettitudine del cuore, l’amore per il prossimo, l’umiltà, “…nominato tre volte beato, non visse in
terra cogl’uomini, visse con Dio”.
Fuggì
tutte le dignità, e fu sempre obbediente al volere dei superiori “…Soffrì pazientemente tutti l’oltraggi e
lodava in quelli Iddio, desioso di patire più”.
Modesto
e riservato fu sempre restio ad accettare incarichi di prestigio tra i quali la
carica di vescovo. Era assai stimato della regina di Napoli e dal papa Sisto
IV, che a Roma gli rese personalmente visita.
Nel
1487 pubblicò il Martirologio Romano
che gli valse grande considerazione dei dottori della chiesa cristiana.
Gravemente
ammalato non volle violare i digiuni dell’Ordine e anche nell’ultimo giorno
della sua vita terrena
volle recitare le Ore canoniche.
Morì
in odore di santità a 75 anni, l’11 giugno del 1500 presso il convento di
Brescia.
Nello Blancato
Meridiano 14, luglio 2011 + Iblon, giornale online, luglio 2012
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