Oggi, accanto alla italianissima tradizione
del Presepe, si è sempre più diffusa la tradizione dell’Albero di Natale
Palazzolo Acreide. Albero di
Natale o Presepe? Un mese prima di Natale, ma anche prima, bancarelle, negozi,
grandi magazzini, centri commerciali, straripano di pastori, casette, abeti
artificiali e naturali, fili argentati, palline, luci, puntalini, insomma tutto
quello che occorre per l’Albero e il Presepe. Il marketing da un lato, la
società dei consumi dall’altro, hanno ormai anticipato di molto i tempi che
precedono le feste calendariali e così i prodotti voluttuari compaiono
prestissimo sui banchi di vendita.
L’albero di Natale
Albero di Natale o Presepe? Oggi,
accanto alla italianissima tradizione del Presepe, si è sempre più diffusa la
tradizione dell’Albero di Natale. Anzi, secondo i più recenti sondaggi,
quest’ultimo ha preso il sopravvento sul Presepe, tant’è che, un grande
magazzino a diffusione nazionale pare che abbia tolto dal suo repertorio
merceologico pastori, pecorelle e capanne.
Come è nata la tradizione
dell’Albero? Le origini sono ancora oscure e avvolte nella leggenda. L’opinione
più diffusa è che l’Albero di Natale sia un residuo di culto idolatra,
un’usanza pagana in seguito adottata dai cristiani e da essi trasferita alla
loro fede. I Romani, durante i Saturnalia,
che si svolgevano a Roma dal 15 al 21 dicembre, usavano portare in giro un
giovane abete quale segno dell’avvento della vicina primavera, e adornavano,
con lumi e festoni colorati, migliaia di alberi sempreverdi in tutta la città
per simboleggiare la rinascita la vita. Questo rituale fu esteso anche alla
Germania e ad altri Paesi dell’Europa centrale quando, verso il 15 a. C., i
Romani occuparono quei luoghi.
Sempre in Germania si narra che
fu san Vilfredo colui che per primo vide nell’Albero di Natale il simbolo della
nascita di Cristo. Il Santo aveva tagliato una grossa quercia, che era stata
oggetto di venerazione da parte dei Druidi; appena la quercia fu abbattuta si
scatenò un furioso temporale che distrusse completamente l’albero, mentre un
giovane abete che stava lì vicino rimase intatto. San Vilfredo ne trasse argomento
per una predica e chiamò l’abete albero
della pace perché dal suo legno si fanno le abitazioni degli uomini e emblema della vita infinita perché le
sue foglie sono sempre verdi. Chiuse poi il sermone con l’esortazione di
chiamare l’abete anche l’albero del
Bambino Gesù.
La Germania è il paese che più
entra nella storia dell’Albero di Natale, anche per due aneddoti che si
raccontano: uno riguarda Lutero, l’altro Goethe. Il primo, una sera di Natale,
rimase tanto impressionato dalla bellezza del cielo trapunto di stelle che
preparò per i suoi figli un albero illuminato da candele quasi a rappresentare
con esso il cielo stellato donde scendeva Gesù. Altrettanto impressionato
rimase Goethe, quando, nel 1765, appena sedicenne, trovandosi a Lipsia da studente
universitario, vide per la prima volta un abete tutto decorato e illuminato.
L’uso dell’Albero di Natale
comunque si affermò nei Paesi nordici verso la fine del secolo XVI, tuttavia la
sua diffusione fu molto lenta. Nel 1840
fu introdotto in Francia dalla duchessa d’Orleans. Altrettanto avvenne lo
stesso anno in Inghilterra dove la regina Vittoria volle collocare un abete tra
i suoi ornamenti natalizi. Sembra che questo fatto abbia dato il segnale
dell’adozione generale dell’usanza che si diffuse rapidamente in tutta l’Europa
meridionale, offuscando anche in Italia la tradizione tipicamente cristiana del
Presepe.
Il presepe
È il Presepe, però, la
rappresentazione iconografica per eccellenza del Natale. Secondo la tradizione,
la prima rappresentazione italiana del Presepe la realizzò San Francesco
d’Assisi nel 1223, sulla roccia di un costone boscoso, presso Greccio.
In Sicilia, a partire dal secolo
XV, furono i Gesuiti i divulgatori più convinti di questa sacra narrazione che
veniva allestita all’interno delle chiese e nelle case aristocratiche. A
partire dall’Ottocento il Presepe perdette l’esclusiva degli ambienti
ecclesiastici e nobili ed entrò massicciamente nelle case delle famiglie; da
opera artistica, elitaria e quasi sempre stabile, si trasformò in manufatto
popolare alla portata di tutti e di effimera durata. A proposito della
diversità tra presepe artistico e presepe popolare ha scritto Antonino Buttitta
“…la tendenza dei creatori dei presepi d’arte è quella di rappresentare un
evento reale nelle sue esatte coordinate spaziali e temporali; ... nei presepi popolari (invece) si
ricostituisce il senso mitico originario dell’evento in un tempo acronico e in
uno spazio atopico… (con) la totale noncuranza dei cicli stagionali e delle
caratteristiche naturali dell’ambiente in cui l’evento è collocato…”.
Presepe o albero di Natale?
Stabilito che il Presepe è la rappresentazione per eccellenza della Natività è
altrettanto vero che il Presepe popolare e casalingo conserva un fascino
originario che riconduce al mondo dell’infanzia di ognuno di noi, ai nostri
Natali perduti. Il giorno dell’Immacolata, di solito, doveva essere già bello e
pronto. E i giorni precedenti erano tutti un proliferare di idee, di montagne,
di scenari, di ricerca di materiali i più diversi e impensati: la raccolta del
muschio nelle zone umide esposte a nord, la ghiaia per tracciare i sentieri, il
brecciolino per i muri a secco, la stagnola per laghi e fiumi, i ponti, i
recinti, i pastori (ogni anno la “comunità” perdeva i personaggi consunti o
incidentati e ne riacquistava altri nuovi di zecca), le pecorelle, le casette
di sughero, i mulini, le cascate, il deserto, i
Magi, Giuseppe, Maria, Gesù, il bue, l’asinello, la stella cometa, le
luci, il cielo stellato. Infine la neve a fiocchi (di cotone).
Gli elementi del presepe
familiare hanno valore simbolico, ma
quando non lo hanno la loro presenza è giustificata dal concetto stesso di
presepe popolare inteso come simulazione di una realtà concreta, vissuta; una realtà
a cui appartiene l’universo dei contadini, degli artigiani, degli umili, con le
scene di vita quotidiana di qualche tempo fa. Creatività e fantasia allora la
fanno da padroni con esiti e accostamenti che possono sembrare anche
irriverenti, ma nelle intenzioni di chi costruisce il Presepe non lo sono
mai.
Vale per tutti l’esempio di via
San Gregorio Armeno a Napoli. In questa, che è la strada degli artigiani del
presepe, sulle bancarelle e nelle varie botteghe-laboratorio si può trovare di
tutto: casette, mulini, pastori, ecc. Il repertorio dei pastori, oltre ai
personaggi classici del posto, come il pizzaiolo, la venditrice di taralli, il
gobbo scaramantico, presenta tipologie di pastori comuni anche ai nostri
pastori siciliani. Dove la fantasia si scatena è invece nella invenzione di
personaggi pubblici che niente hanno a che vedere con la sacra rappresentazione
ma che confermano ancora una volta la definizione di presepe popolare. E allora
troviamo Mussolini, Ciampi, Di Pietro, Moana Pozzi, la Lecciso, Prodi in bicicletta,
Cannavaro, Moggi, Carraro, De Santis, Lele Mora e tanti altri protagonisti
pubblici nel bene e nel male.
Albero di Natale o Presepe? Visto
che il trend è orientato verso l’Albero di Natale sintetico, con colori i più
disparati e strani (c’è anche chi sceglie un certo colore per fare pendant con
l’arredamento o le pareti) molti, per non abbandonare definitivamente la
tradizione del Presepe optano per una soluzione tipicamente all’italiana:
Albero di Natale e quindi pastori e casette sospesi tra i rami in mezzo a luci
scintillanti, palline, festoni, fiocchi, campanellini, peluche; alla base, la
Grotta, con dentro la Sacra Famiglia cinta d’assedio da pacchi e pacchettini
con regali quasi sempre inutili ma costosi. Auguri.
IL CORRIERE DEGLI IBLEI, dicembre
2006
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