«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

“I gravi incidenti” del 16 dicembre 1944

Due storiche rivolte per il frumento a Palazzolo: “La memorabile ribellione” del 1° agosto 1677 e “I gravi incidenti” del 16 dicembre 1944

PALAZZOLO ACREIDE. Dopo i massicci bombardamenti strategici del 9 luglio 1943 che precedettero la “campagna di Sicilia”, qualche ora dopo, alle 2,45 le truppe inglesi sbarcavano nei pressi di Fontane Bianche. Iniziava così la conquista dell’isola che terminava il 17.8.1943 a Messina. Arrestato Mussolini il 25.7,  il 3 settembre alle 17,15 a Cassibile, sotto il governo Badoglio, fu firmato l’armistizio tra il generale Giuseppe Castellano e il generale Bedell Smith.


IL DOPOGUERRA
I primi anni del dopoguerra furono duri e incerti. La Sicilia, già povera e depressa, usciva dalla guerra in condizioni spaventose. L’agricoltura aveva subito danni indescrivibili, le terre erano impoverite da quattro anni di produzione senza fertilizzanti, gli animali requisiti o morti per i bombardamenti aerei. Il problema più pressante per i siciliani e per tutti gli altri diventò quindi quello degli approvvigionamenti alimentari necessari alla sopravvivenza quotidiana. Fu introdotta la carta annonaria e i generi alimentari e di consumo vennero razionati. Per evitare la pratica dell’intrallazzo, i servizi dell’alimentazione furono accentrati presso apposite Direzioni Provinciali.
Gli agricoltori, per un prezzo politico inadeguato al costo di produzione, furono obbligati a portare il grano all’ammasso presso i “Granai del Popolo” comunali. Palazzolo, con una superficie agraria di 7.000 ettari, doveva versare 25.000 quintali di grano all’anno, per cui, la maggior parte degli agricoltori fu costretta a conferire anche parte del grano destinato alla semina. Il grano, poi, dai magazzini locali veniva trasferito con grossi autotreni presso i magazzini provinciali e rivenduto a prezzi molto più alti; proliferava dunque il mercato nero: “u ‘ntrallazzu impinguava alcune tasche per svuotarne altre”. Il pane di frumento oltre che razionato (150 grammi a testa giornalieri, poi portati a 200) era nero e immangiabile per via della farina non abburattata; c’era anche quello giallino, ruspante, confezionato con farina di granoturco. 

LA RIVOLTA DI PALAZZOLO
In questo clima di miseria e di imposizioni dall’alto, in molti centri della Sicilia scoppiarono moti di rivolta. Esattamente sessanta anni fa, il 16 dicembre 1944, anche a Palazzolo si verificarono gravissimi disordini per la penuria di frumento.
Già ai primi di dicembre un decreto dell’Alto Commissario per la Sicilia aveva imposto ai possessori di bollette di macinazione l’obbligo di versare ai “Granai del Popolo” 25 chilogrammi di grano a testa, a titolo di anticipazione; nello stesso tempo il comune di Palazzolo, per necessità di semina, impose un taglio di cinque chilogrammi di grano alla razione giornaliera. Non rimaneva che fare come gli abitatori dell’antica Lìdia quando arrivavano le carestie: un giorno mangiavano e l’altro giocavano o lavoravano.
Nel popolo, tra le classi lavoratrici, si accentuò il clima di malumore e di precarietà, giacchè, non potendo affrontare gli alti prezzi del mercato nero, si doveva fare affidamento solo sulla magre razioni alimentari stabilite dallo Stato, assolutamente insufficienti.
Qualche giorno dopo “…il malcontento si era accresciuto per due motivi: uno quello che essendo il nostro paese centro di produzione granaria, la distribuzione della pasta e della farina per il pane avveniva con ritardo considerevole; l’altro quello che quel grano che era stato ammassato, era stato trasferito a Siracusa senza lasciare il quantitativo occorrente al consumo locale. In tale atmosfera, sabato 16 dicembre hanno agito alcuni elementi reazionari non palazzolesi ma dimoranti in paese, spalleggiati da qualche forestiero che si dice venuto appositamente. Così agitando lo spettro della fame durante i rigidi mesi invernali, verso le ore 14,30 un gruppo di giovani venne istigato ad impadronirsi di un autocarro adibito al trasporto degli ultimi residui di grano e ad effettuarne lo scarico nel mulino del Consorzio senza però dar luogo nè a dispersione di grano né ad incidenti di violenza.
Dopo questo episodio il gruppo di dimostranti stava per sciogliersi, quando gli elementi reazionari che avevano finalità ben diverse dalle cause del malcontento, imposero di seguirli verso l’ufficio razionamento. Da questo momento, la folla in balìa di sè stessa perde il lume dell’intelletto e incoscientemente si presta al gioco della teppaglia. 
Nessuna persona di buon senso osò affrontarla e le conseguenze furono la distruzione dell’Ufficio razionamento, dell’UPSEA, del Catasto, dell’Ufficio Imposte, del Consorzio e l’incendio del Palazzo di Giustizia. Nulla potè essere salvato e nessun tentativo fu fatto o potè essere fatto.
La sera - mentre le fiamme consumavano importanti documenti e distruggevano le basi di detti uffici - lugubri progetti di più gravi disordini venivano evitati dall’opera persuasiva dell’Arma dei Carabinieri…”. (Giuseppe Rovella, Il Semaforo, anno I n. 25).
Nel leggere questo resoconto dell’allora giovanissimo Giuseppe Rovella ritorna tout court alla mente la rivoluzione di Palermo capitanata da Giuseppe D’Alessio: “il popolo bruciò gli archivi, aprì le carceri, saccheggiò le case dei ricchi e dei magistrati…”.
Continua la cronaca della rivolta di Palazzolo relativa al giorno dopo: “ …In quelle tragiche ore nessuno dei notabili del paese osò affrontare la paurosa marea: tutti si rinserrarono nei loro palazzi e lasciarono bruciare, devastare, travolgere un patrimonio di inestimabile valore. L’indomani, 17, la turba di malcontenti, esasperata da alcuni reazionari come il giorno precedente, al terrorizzante suono rivoluzionario delle campane a stormo di tutte le chiese, si riuniva in Piazza del Popolo dove si era data convegno, e si apprestava a continuare l’opera di devastazione della città.
Un’atmosfera grave di terrore si stendeva per l’abitato e non pochi sentirono i brividi di un’immane paura. Erano in gioco stavolta, secondo notizie avutesi, la sede del Banco di Sicilia e le abitazioni di privati facoltosi. Tutti a quel suono rivoluzionario sentirono che un’immensa sciagura stava per scatenarsi. Le forze di polizia erano in numero insufficiente, le comunicazioni telegrafiche erano state tagliate, le vie di uscita e di accesso al paese controllate…
Gli elementi reazionari si erano impadroniti della volontà del popolo, quando apparve in piazza l’avv. Branca che riuscì a dominare la situazione travolgendo i focolai di disordine ed a organizzare una grande dimostrazione di ordine. Gli istigatori, elementi non palazzolesi, tentarono ancora verso sera di quel giorno di attuare altri disordini ma un ulteriore intervento dell’avv. Branca ne determinò il fallimento…” (Il Semaforo, anno III, n.1.
Due giorni dopo Rosario Branca fu nominato Commissario Prefettizio  del Comune di Palazzolo con viva soddisfazione del C.L.N. locale, del Collegio dei Parroci di Palazzolo, dei vari sodalizi e della cittadinanza. Da segnalare il tempestivo gesto di solidarietà del cav. Aurelio Judica il quale  fece pervenire all’avv. Rosario Branca, lo stesso giorno della sua nomina a Commissario, un assegno di Lit. 500.000 quale contributo personale per la ricostruzione degli edifici danneggiati.

IL CORRIERE DEGLI IBLEI,  dicembre 2004

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