(Via D’Albergo 2a
a sx di via Roma)
La
via prende il nome dalla famiglia d’Albergo cha abitava al n. 42. Della casa
avita oggi rimane solo un interessante portale, mentre l’area su cui era sito
l’antico fabbricato è stata trasformata in un considerevole palazzo
condominiale con affaccio su via Roma. Su via D’Albergo ricade anche il plesso
eponimo della scuola primaria facente parte dell’I. C. Gabriele Iudica.
I
d’Albergo appartengono ad un illustre casato di Palazzolo che ebbe tra gli
antenati il barone Antonino Albergo investito del mero e misto imperio nel
1626.
Il
marchese Paolo (1750–1819) discendente diretto degli Albergo (diventato “d’Albergo”
per ragioni eufoniche), ebbe stretti rapporti di amicizia con Jean Hoüel,
quando, nel 1777 il pittore- viaggiatore francese venne a Palazzolo alla
ricerca dei bassorilievi rupestri denominati “Santoni”. Frequentò gli uomini di
cultura del posto e partecipò attivamente alle conversazioni dell’ “Accademia
degli Acrensi Redivivi”. Fu amico e confidente dell’imperatrice Carolina
d’Austria e la seguì in ogni dove, fino alla morte avvenuta nel 1814. Rientrato
a Palazzolo occupò la carica di sindaco sino al 1819. Paolo d’Albergo ebbe quattro
figli, Corradino, Giuseppe, Giovanna e Vincenza.
Il
primogenito, marchese Corradino (1780-1856), si distinse nella carriera
militare e diplomatica. Da Carolina fu nominato cavallerizzo di sportello e quindi cavallerizzo di corte. Amante della vita libera, preferì
abbandonare la corte di Napoli per recarsi a Firenze e frequentare i migliori i
salotti letterari. Scrittore e poeta ha lasciato diverse opere di cui si
ricordano: Epistolario, Poesie varie, La
Spagna Liberata, Traduzione di un carme tedesco. Morì e fu sepolto a
Firenze.
Giuseppe
d’Albergo (1795-1859),
dei tre, è quello che ci ha consegnato un più consistente patrimonio di opere e
di valori. Le notizie relative alla sua vita e alla sua instancabile attività
di studioso e di politico sono quelle raccolte e scritte da Nicolò Zocco di cui
lo zio Giuseppe fu precettore.
Fu
profondo conoscitore e cultore del Latino, del Greco del Francese e
dell’Inglese, si dedicò allo studio critico delle opere di Tito, di Tacito, di Plutarco.
Tradusse dal greco Pindaro e gli Idilli di Teocrito, molti brani di Omero,
tradusse Orazio, Virgilio. Fu appassionato e instancabile lettore di Dante, di Petrarca, di Ariosto, di Metastasio. Studiò
Macchiavelli e fu fervido cultore della filosofia del Vico.
La rivoluzione del 1820 spinse Giuseppe d’Albergo ad intraprendere
con passione lo studio della società del tempo e della politica. Incoraggiato
dal padre si trasferì a Palermo allo scopo di perfezionare la sua formazione e
approfondire gli studi letterari. Lì si distinse fra i suoi compagni per
l’impegno e l’acume profusi. Fu anche invitato dall’Accademia
Ellenica a pronunziare una applaudita prolusione su “L’origine delle lingue”.
Nel
1839 si trasferì a Roma dove conobbe e frequentò gli esponenti più insigni delle
scienze e delle lettere che arricchirono il suo bagaglio culturale. Lì, a Roma,
perfezionò soprattutto la formazione estetica. Amante del Bello, approfondì la
conoscenza delle Belle Arti, studiandone il
linguaggio, gli stili e le regole.
I viaggi, gli studi e le esperienze acquisite lo spinsero a
scrivere e a pubblicare opere di natura diversa. Tra tutte, per via della sua
formazione prevalentemente estetica, eccelle il monumentale “Trattato di
Callinomia ovvero del Bello e delle sue leggi”, pubblicato nell’edizione
definitiva di Palermo nel 1848. L’opera è
divisa in due grandi aree tematiche dedicate al Bello in generale e al Bello
prodotto dalle arti. Da tragediografo Giuseppe d’Albergo
scrisse: “Il Bonello”,
“L’Amalasunta”, “L’Ermenegildo”, “Ulfrida” e altri scritti di diversa
natura.
Dal
punto di vista politico fu di idee liberali e moderate. Quando il 12 gennaio
del 1848 a Palermo scoppiarono i moti contro i Borboni, Giuseppe, che si
trovava nel capoluogo, non esitò a rischiare più volte la vita per combattere
la tirannia borbonica. Nello stesso tempo esortava i suoi concittadini ad “innalzare per primi nella Provincia il
vessillo della libertà (il tricolore)
come di fatti ebbe luogo (il 4 febbraio 1848), a dare il segnale della riscossa portando altrove la rivoluzione…”.
(N. Zocco).
Subito
dopo fu eletto deputato del popolo presso il Parlamento di Sicilia e infine
sempre nello stesso anno fu nominato sindaco di Palazzolo: “Da sindaco il paese ricorda ancora con ambizione il suo nome, mentre
per il primo diè opera ai pubblici lavori, sistemando le strade pubbliche
dell’abitato – da deputato del Popolo fu altamente ammirato per sapienza politica e per costanza di
affetti generosi”.( N. Zocco, cit.).
Ritornati
i Borboni, Giuseppe d’Albergo coerente con le sue idee liberali, si ritirò
dalla vita pubblica e dalla politica per dedicarsi completamente alle sue
proprietà terriere. Morì per un colpo apoplettico e fu sepolto, come attesta
padre Giacinto Farina nella sua “Selva”, sotto l’altare di S. Lorenzo (oggi non
più esistente) presso la chiesa di S. Francesco dell’ex convento dei
Cappuccini.
Il
25.11.1968 il Consiglio comunale di Palazzolo, su delibera della Giunta, gli ha
intitolato la biblioteca comunale che è diventata “Biblioteca Civica Giuseppe
D’Albergo”.
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