«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

La luna e le credenze popolari

Luna lunedda, fammi na cudduredda, fammilla bedda ranni, la portu a San Giuvanni


Chi da bambino nelle serate estive di luna piena, seduto a cavalluccio sulle gambe di mamma o di papà non si è sentito raccontare la storia della luna figlia di una fornaia? Una volta la luna avendo voglia di una cudduredda la domandò alla madre indaffaratissima a impastare il pane.
La chiese una prima volta, poi una seconda, una terza volta, fino a quando la madre spazientita prese lo spazzaforno, scupazzu, e glielo diede sul muso imbrattandoglielo. Guardando il cielo, intravedevi veramente, in un gioco di ombre e di luci, la bocca, il naso, gli occhi, il viso della luna tutto sporco di cenere. In un canto fanciullesco, invece, è alla luna, fornaia essa stessa, che si chiede di confezionare una cudduredda: “Luna lunedda / fammi na cudduredda / fammilla bedda ranni / la portu a San Giuvanni…”. Le leggende sulla luna sono tante quanti sono i bambini che ci credono.
“Occhio della notte” la chiama Pindaro, “Regina del silenzio” era per Orazio, ma anche regina delle maree, dei cicli marini e dei semi, evocatrice della Grande Madre per altri. Per gli antichi era la più grande divinità cosmica dopo il sole e fin dai primi popoli agricoltori fu oggetto di culti mitologici, nonché punto di riferimento per conoscere il tempo.
Le variazioni morfologiche e soprattutto la ciclica scomparsa di questo nostro satellite, finirono con l’acquisire un significativo valore simbolico, configurandosi spesso come trionfo della vita sulla morte, come resurrezione, ecc. La luna nella fantasia popolare non è pertanto sempre il medesimo corpo; ella si distrugge e rinasce ad ogni mese, si fa e si sfa, e ad ogni fatta si prevede un cambiamento di tempo. Intorno alla luna e alla sua influenza sugli uomini, sulle cose e  sulla vegetazione, ancora oggi  sussistono sedimenti di credenze e pregiudizi non sempre concordanti o addirittura diametralmente opposti.

Fasi previsioni e maree
La luna riceve la luce dal sole, e poiché i raggi solari rischiarano solo la metà del globo lunare, l’osservatore terrestre vede la luna in fasi diverse di illuminazione che vanno dall’oscuramento totale (novilunio) quando il sole illumina la faccia nascosta, al primo quarto (gobba a ponente), all’emisfero visibile completamente illuminato (plenilunio), passando per l’ultimo quarto (gobba a levante), nel periodo di un’intera lunazione (movimento di rivoluzione attorno alla terra). 
Quando la luna al primo quarto è con le corna rivolte all’insù (luna varcalora) è sintomo di pioggia e più grande è il cerchio (alone) che ha in testa e più abbondante sarà la pioggia. Quando la luna è all’ultimo quarto ed è volta in giù, cioè è pendente, (sculata), l’acqua si farà desiderare. Ancora, nella credenza popolare, le eclissi, dovute all’interposizione sul percorso dei raggi solari della Terra o della Luna, sono viste come un “accoppiamento” della Luna con il Sole.
La luna, oltre a ciò, scarica sulla terra una considerevole quantità di energia che, combinata con quella del sole, provoca le maree, per cui le acque dei mari raggiungono - a intervalli di circa 12 ore e 6 minuti - la massima e la minima altezza: questo fenomeno è dovuto alla forza di attrazione esercitata dalla luna sulle masse oceaniche. Si crede, pertanto, che una tale massa di attrazione sia in grado di influenzare gli umori e i delicati meccanismi che regolano le funzioni degli organismi viventi e anche i vari fenomeni legati all’agricoltura.

La luna e la vegetazione
Come detto in premessa le scuole di pensiero per scegliere i tempi giusti per l’esecuzione dei lavori agricoli sono diverse e a volte diametralmente opposte l’una all’altra: dipende dalle latitudini, dalla cultura, dalle tradizioni tramandate di padre in figlio.
Diffusissima è l’ancestrale idea secondo cui la luna eserciterebbe il suo influsso in due modi: in quanto avvicinandosi saturerebbe la terra e i corpi, allontanandosi li svuoterebbe. Donde, le varie precauzioni prese da pastori, contadini, massaie, ecc.: fare a luna crescente tutto ciò che deve crescere e prosperare, come seminagioni, piantagioni, ecc.; a luna calante tutto ciò che deve morire o essere distrutto (raccolta, taglio).
Diffusissima l’altra antica e opposta idea secondo cui le semine, specialmente in primavera o in estate, si devono fare in fase di luna calante per evitare che le piantine vadano presto in cima, cioè tendano a spigare e a fare precocemente il seme. Per la raccolta, gli innesti, la potatura e il taglio del legno le opinioni per la maggior parte coincidono: luna in quintadecima. 
Con la luna nuova spuntano i funghi, gli asparagi, allegano i fiori del pomodoro; meloni e angurie si seminano nel plenilunio di marzo. E se le viti si potano a luna crescente per ottenere un abbondante raccolto, il vino per rimanere tranquillo si travasa a luna calante. E per berlo? Non si tiene conto della luna. Crescente o calante fa lo stesso!
Credere in modo ossessivo all’influsso della luna sulle coltivazioni è un’eredità che ci ha lasciato l’uomo-agricoltore, figura che ha dominato la nostra e le altre civiltà per millenni e che ha fatto radicare tradizioni ancora diffuse e seguite. Il contadino in ogni caso fa bene ad attenersi alle diverse fasi della luna per scegliere il momento di arare, di seminare, e via discorrendo, fa male però se considera la luna come un “orologio” assolutamente attendibile. Sicuramente i buoni risultati si ottengono seguendo in modo corretto le moderne tecniche di coltivazione. 

Licantropia e altre credenze
 “Guai a chi nasce colla luna nuova! egli diventerà lupunàriu e gli verranno fuori unghie lunghissime” (Pitrè, 1887-88). Lo stesso succede a che viene concepito nel novilunio o a chi dorme all’aperto in una notte di luna piena. Il lupo mannaro sente avvicinarsi l’ora dell’accesso ogni mese all’approssimarsi della stessa fase lunare (quintadecima): gli si offuscano gli occhi, cade per terra e si rotola nella polvere e nel fango, urla come un lupo, si contorce orribilmente e corre a quattro piedi per fuggire la luce. Non sente né bastonate, né altro; l’unico rimedio è un piccolo salasso per mezzo di una puntura sulla fronte o sul capo; in Messina, oltre che con la puntura, si guarisce il lupo mannaro toccandolo con una chiave mascolina. Questa malattia, misteriosa e paurosa agli occhi del volgo, non è altro, in fondo, se non una forma di epilessia o di isterismo, per cui il malato si crede trasformato in lupo e ne imita il comportamento. 
Si crede che il dormire al chiaro di luna possa compromettere la vista o peggio l’equilibrio mentale: lunatico è colui il quale l’influenza della luna ne condiziona abitudini e umore: si dice che ha la luna; allunatu è colui che rimane stordito, intontito, stunatu diremmo noi.
I figli saranno maschi se concepiti prima del plenilunio, femmine se concepite dopo. Per la donna che non è più primipara si tiene conto della fase lunare dell’ultimo parto. Se la luna era crescente, nascerà un maschio; se scemante nascerà una femmina.
Anche sui futuri pulcini ha influenza la luna. Difatti le uova da covare (sempre in numero dispari) si mettono sotto la chioccia prima del plenilunio, altrimenti i pulcini nasceranno di salute cagionevole e non pipieranno e sempre in plenilunio, per essere pieni, devono essere pescati i ricci di mare.  
 E a proposito di allunati, anche i pesci possono esserlo, e non perché stupidi, ma per precoce putrefazione quando sono colpiti dal raggio lunare in luna piena: la potente proprietà attinica di tale raggio ne accelera la decomposizione.

Il Corriere degli Iblei, gennaio 2008     

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