«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

Credenze e riti della Settimana Santa

La Domenica delle Palme

Tempo di Pasqua, tempo di riti: riti sacri, riti devozionali, gli uni e gli altri carichi di valore simbolico. I primi imposti dalla liturgia canonica, gli altri tramandati dalla religiosità popolare, secondo la quale, ha grande importanza la stessa data della Pasqua. Difatti se la Pasqua è bassa (vicino alla data d'inizio della primavera) è un buon auspicio, invece, "se 'a Pasqua è maiulina, u riavulu si scatina".

La Settimana Santa si apre con la Domenica delle Palme. I fedeli portano in processione palme e rami di ulivo per farli benedire; il rito ricorda l'ingresso di Gesù in Gerusalemme.
Palme e rami di ulivo, a livello popolare, assumono un intrinseco valore magico-religioso, e perciò vegliano sulla serenità coniugale, scongiurano i rischi di malattie e le calamità.
A tale scopo vengono ancora collocati nei punti più in vista: accanto al capezzale, negli ambienti di lavoro, all'interno dei veicoli. Sempre a scopo propiziatorio, i pastori li sistemavano dentro gli ovili e i contadini li piazzavano in mezzo ai seminati e nei campi coltivati. Quando diventano vecchi non si buttano, ma si devono bruciare e ancora accesi si lanciano dalla finestra per scongiurare tuoni e tempeste.
Per tutta la Settimana Santa non si possono mangiare finocchi, chi lo fa avrà la casa piena di cimici e di pulci; inoltre per evitare disgrazie non va toccato il pipistrello, inviato del diavolo, che, negli stessi giorni, diventa padrone del mondo.

I trèpini
Dal Lunedì santo inizia il digiuno giornaliero o a giorni alterni, fino al sabato (in Quaresima si digiunava tutti i venerdì altrimenti "cu nun riunìa o venniri i marzu, cci cari u urazzu").
Dal  Mercoledì incominciavano le sacre funzioni dei trèpini (Ufficio delle tenebre) chiamate pure "trimulìu  ri li cannili". Durante la messa il sacerdote spegneva ad una ad una le candele di un candelabro sull'altare maggiore, fino a quando ne rimaneva accesa soltanto una, che, con la sua luce tremolante stava a rappresentare la vera luce di Cristo.  Le pie donne ripetevano: " A la sira ri li trèpini, oh chi scuru ca facìa, affacciativi bbona gghenti e 'mparatini la via".

I "sepolcri"
Il Giovedì, dopo il Gloria e la lavanda dei piedi, si legano le campane e si spogliano gli altari: segue il rito della reposizione del SS. Cristo nel "Sepolcro".
Il contadino in questo giorno,  "scampanava" le mucche in segno di lutto e lasciava il lavoro dei campi per andare a confessarsi e a visitare i "Sepolcri". Portava un mazzetto di spighe verdi che offriva come primizia al Cristo per garantirsi abbondanza di messi. Al posto delle campane, che un tempo si legavano veramente, , si suona "a truoccula", uno strumento in legno dal suono triste.
L'altare viene adornato con luci, candele, tappeti, fiori, bbalucu e soprattutto, secondo la vecchia tradizione, con piatti di lauri iancu: grano, lenticchie ed altri cereali messi a germogliare sul cotone bagnato e lasciati al buio per oltre una quindicina di giorni.
I "Sepolcri" si visitano sempre in numero dispari e in questa occasione era consentito di uscire anche alle persone che erano in lutto stretto. Ancora oggi questi "Altari" della deposizione vengono visitati e vegliati fino a tarda notte e durante tutta la mattinata del Venerdì.


"U trapassu"
            Dopo l'ultimo scampanio si diffondeva nell'aria un sentimento di stupore e di mestizia e si rimaneva come in attesa di un evento miracoloso. Qualcuno, segnandosi, ripeteva sommessamente: "...santa campana... santa binirizioni...", mentre i più tenaci, sino allo sciogliere delle campane a mezzogiorno del sabato, iniziavano "u trapassu ranni": un digiuno di quarant'otto ore durante il quale era consentito assaggiare solo tre spicchi di arancia o tre fave caliati  o tri cocci ri calia -secondo gli usi- per ognuno dei tre pasti giornalieri saltati.  I penitenti più votati alla fede e alla resistenza, si piazzavano davanti ad un succulento piatto di maccheroni con lo stufato di maiale e, senza minimamente assaggiare alcunchè, bisbigliavano: "Mangia corpu miu si t'abbasta l'arma!".
Anche i cani e i gatti dovevano digiunare, e per farlo venivano legati onde evitare che andassero a caccia di cibo.

Il Venerdì Santo
Il Venerdì è il giorno solenne e suggestivo delle processioni e delle rappresentazioni sacre. Durante la mattinata, intanto, si continua il giro dei "Sepolcri", la truoccula sostituisce la campane fasciate a lutto (...a lu venniri è di lignu la campana), le donne continuano i mesti lamenti.
A Palazzolo, e in altri centri con le debite varianti, in questo giorno si recitava la seguente preghiera: "Lu vennirissantu a lu matinu//La Mattri santa si misi n caminu//Maria passava ri la strata nova//la porta ri n firraru aperta era..." , e le donne di casa, messe da parte le uova di gallina deposte in questo giorno, chè sono sacre e si conservano per tutto l'anno, incominciavano a preparare i panereddi cu ll'ova, e legandosi i capelli ripetevano: "Biniritta chidda trizza, ca lu venniri s'intrizza,//biniritta chidda pasta, ca lu venniri si 'mpasta".
Per i contadini era il giorno buono per salassare il fico e per favorire l' allegagione delle infiorescenze del noce fasciandone strettamente il fusto con fili di liama.
Le fanciulle in processione dietro la statua del SS. Cristo a Canicattini Bagni, intonavano, alternandosi al Lamientu dei nuri, il seguente canto propiziatorio per il raccolto: "O Santissimu Cristu//'Na bbona annata n'at'a-mannari//Li campagni n'at'a bbiniriciri//O Patri ri tuttu lu munnu!".
In questo giorno si riteneva che digiunassero anche gli uccelli; astinenza e digiuno erano imposti perfino ai bambini.

Il Sabato Santo
È il giorno dell'afflizione  e del dolore e la Chiesa piange in silenzio Gesù morto.
Tra padrini e figliocci era in uso la buona abitudine di scambiarsi dolci e doni di varia natura. I gabelloti portavano al padrone le regalìe (carnagghi) previste dai contratti agrari: capretti, polli, formaggio, ricotte, uova, ecc.
L'usanza di mangiare o di regalare le uova a Pasqua, deriva oltre che dal fatto che l'uovo simboleggia il germe della nuova vita dopo la morte, anche dalla circostanza che questo alimento era rigorosamente proibito durante la Quaresima, quindi tutte le uova non consumate nel suddetto periodo, venivano benedette il Sabato Santo e mangiate fino al giorno dopo la Pasqua.
A mezzogiorno c'era la benedizione del "nuovo fuoco", la consacrazione del Cero e lo scoprimento del Cristo. Al Gloria sparavano le campane, a distesa, gioiose.
Lattanti e bambini erano sollevati in aria a più riprese dai genitori o dai parenti al grido di "crisci loria 'n Pararisu", perchè potessero svilupparsi in statura o reggersi senza bisogno di sostegno.
I contadini incampanavano buoi e capre e le strade si riempivano di gente che si scambiava la Buona Pasqua.
Nello stesso tempo, le donne, con una sequela di riti, si davano da fare per cacciare via di casa gli spiriti maligni e il diavolo che ne avevano preso possesso dopo la morte di Cristo.
A Canicattini, assieme alle chincaglie inservibili e ad altri rottami, buttavano fuori un secchio d'acqua salata e ripetevano: "Acqua e ssali a li majari//chiddu ca riciùnu 'npozza juvari/" e, messo sopra il letto il setaccio e il mattarello, con un puntiddu di oleastro battevano l'uscio di casa.
A Rosolini con un bastone o con dei sarmenti battevano il letto, i mobili e tutti i possibili nascondigli.
In altri centri i mali frusculi della Settimana Santa si esorcizzavano accostando un braciere acceso a tutti gli angoli della casa e pronunciando, ad esempio, la seguente formula scongiuratoria: "Nèsci fora cosa fitenti, ora c'ha risuscitatu Cristu onnipotenti" oppure "Nèsci riavulu e trasi Gesù, nni la me casa nun ci trasiri cciù!".

Pasqua
È il trionfo di Cristo ed è il giorno più solenne, consacrato alla riappacificazione: mentre i bambini tutti contenti andavano in giro con i panarieddi cu ll'ova, preparati per tradizione dalle nonne, per le strade, parenti ed amici si incontravano e, con una stretta di mano e un abbraccio, mettevano da parte eventuali dissapori o incomprensioni.

Di reminiscenza sicuramente biblica un'antica usanza in Avola, dove, in passato, nel giorno di Pasqua si effettuava a cursa di lu crastu , che consisteva nel tagliare, correndo, il capo ad un montone sospeso ad una fune per le quattro zampe.

CAMMINO, settimanale di informazione e di opinione, 16 aprile 1995

Nessun commento: