«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

TOPONOMASTICANDO: Via Elena (da piazza G. Marconi a via s. Francesco)

Sarebbe bastato scrivere via Regina Elena e non sibillinamente Elena per evitare dubbi amletici e far capire subito al colto e all’inclita che questa via è intitolata alla 2a regina d’Italia. Elena (1873-1952), principessa del Montenegro e figlia di re Nicola I, sposandosi con Vittorio Emanuele III diventò la regina Elena di Savoia.

La bellissima principessa incontrò Vittorio Emanuele III al Teatro La Fenice di Venezia mentre era in corso l’Esposizione Internazionale d’Arte. Il futuro re d’Italia si innamorò perdutamente di Lei, e dopo essersi incontrati di nuovo in Russia, Vittorio Emanuele le chiese di sposarlo.
Convertitasi alla fede cattolica, essendo di religione ortodossa, Elena sposò Vittorio Emanuele il 24 ottobre del 1896 a Roma.
L'11 agosto 1900, in seguito all'assassinio del padre Umberto I, Vittorio Emanuele salì al trono, ed Elena divenne Regina d’Italia.
Elena è forse l’unica persona di Casa Savoia che il popolo ricorda con affetto.                          Era schiva e riservata , dotata di buon senso, di un forte amore materno e di un innato amore per la natura. Tutta dedita al mondo familiare, sempre premurosa e accondiscendente nei confronti del marito, seppe farsi voler bene per la sua innata bontà , tanto da essere soprannominata “la pietosa”. La coppia regale ebbe cinque figli: Jolanda, Mafalda, Umberto, Giovanna e Maria.
La regina Elena non si occupò mai di questioni attinenti alla politica, si dedicò ad iniziative di carità e di assistenza conquistando così la simpatia e l’amore del popolo. Era appassionata dello studio delle lingue e dei dialetti e imparò quasi alla perfezione  il dialetto piemontese.
Fu amica e ammiratrice di scrittori e poeti come Fogazzaro, Capuana, Pascoli, D’Annunzio. Puccini le dedicò l’opera  “Madama Butterfly”. 

Regina della carità
Il 28 dicembre del 1908 Messina e Reggio Calabria furono colpite dal disastroso terremoto che distrusse oltre quaranta centri e fece circa centomila vittime. Quando due giorni dopo i sovrani giunsero a Reggio e poi a Messina trovarono le due città devastate dal sisma e saccheggiate dagli uomini, con feriti e cadaveri disseminati in ogni dove.
La regina si dedicò subito anima e corpo all'opera di soccorso mettendo in evidenza anche le sue capacità di organizzatrice. In poco tempo creò una sorta di quartiere generale della carità dove organizzò il servizio per i feriti e l’assistenza per gli orfani e le famiglie disastrate. Ebbe la forza e l’animo di accudire personalmente i sofferenti e i moribondi aggirandosi nei luoghi del disastro. Questo suo atteggiamento le valse l’appellativo di “Angelo dello Stretto”, e dopo quel tragico evento che la colpì profondamente si interessò allo studio dei terremoti e ai modi di prevenirli.
Elena fu sempre generosamente in prima linea nel campo delle opere benefiche: finanziò opere a favore degli encefalitici, per madri povere, per i tubercolotici, per gli ex combattenti ecc.; incoraggiò e finanziò iniziative per la formazione e l’aggiornamento professionale dei medici e molti ospedali ancora oggi portano il suo nome.
Durante la prima guerra mondiale Elena divenne infermiera della Croce Rossa e trasformò il Quirinale in ospedale da campo. Nel 1937 Pio XI, le assegnò la "Rosa d’oro della Cristianità",  definendola tout-court «regina della carità».  
Nel mese di aprile del 1928 la regina Elena assieme a Vittorio Emanuele e alle figlie,  Giovanna e Maria, si fermò per ben due volte, a Siracusa, il 16 e il 23, in occasione di una visita reale nella “colonia libica".
Scoppiata la seconda guerra mondiale, Elena, che non amava la guerra e nemmeno il Duce, rimase discretamente in ombra. Il 9 maggio del 1946, finita la guerra, Vittorio Emanuele III abdicò a favore del figlio Umberto e assieme ad Elena andò in esilio ad Alessandria d’Egitto.
Qui i due coniugi festeggiarono le nozze d’oro, e quel giorno il re raccolse personalmente dei fiori di campo (il ciclamino era il fiore preferito da Lei) per farne omaggio alla consorte, così come era stato solito fare durante il periodo di fidanzamento.
Dopo la morte di Vittorio Emanuele III, avvenuta il 28 dicembre del 1947, Elena rientrò dall’esilio e si stabilì in Francia a Montpellier dove morì il 28 novembre del 1952.


Iblon, giornale online, novembre 2012

1 commento:

Unknown ha detto...

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