L’aglio, tra medicina, medicina popolare e scongiuri

Nun è aranciu, ed ha li spiccia, nun è monucu ed ha la varva, nun è fimmina, ed ha la trizza…

L’aglio viene coltivato da tempi antichissimi ed è una tra le piante orticole più conosciute e diffuse un po’ ovunque. La sua origine è incerta. E’ probabile che sia stato coltivato per primo in Egitto, dove, sulla piramide di Cheope, risalente a oltre cinquemila anni addietro, furono scritte in caratteri egizi le spese sostenute per gli operai in ramolacci, cipolle e agli. E se in Egitto aglio e cipolla erano considerati come divinità e invocati nei giuramenti, i Greci, al contrario, vietavano l’ingresso nel tempio di Demetra a che ne aveva mangiato.

In cucina e in medicina

Più che vere e proprie varietà si possono identificare dei tipi di aglio diffusi localmente, che si distinguono per il colore delle tuniche che avvolgono bulbi e bulbilli (spicchi): ci sono agli bianchi, rosa e rossi; i più comuni sono quelli bianchi.

Dopo la raccolta (maggio - giugno), l’aglio deve essere fatto ben asciugare al sole per molti giorni poi, a seconda delle tradizioni del posto, i bulbi si riuniscono in mazzi o trecce e devono essere conservati in locali arieggiati e non molto freddi. Gli usi di cucina sono numerosissimi dovuti alla capacità dell’aglio di aromatizzare e insaporire una grande quantità di cibi e di piatti caratteristici (un classico rimangono gli spaghetti all’aglio, all’olio e al peperoncino) sebbene molte persone non ne apprezzino il consumo diretto (secondo Plinio ha sapore tanto acre quanto più alto è il numero di spicchi di cui è composto).

Oltre al normale impiego alimentare, l’aglio è usatissimo nella medicina popolare, ma  è una pianta molto studiata anche dalla medicina ufficiale che in parte ha confermato ciò che la pratica ha tramandato e in buona parte continua a tramandare. Le ricerche mediche hanno dimostrato infatti che l’aglio possiede notevoli proprietà terapeutiche: azione ipotensiva e tonica sull’apparato cardio-vascolare, azione sull’albero respiratorio, azione sulle affezioni del tubo gastroenterico (i popoli mangiatori di aglio mostrano maggiore resistenza alla dissenteria e al colera), azione antibiotica, azione ipoglicemizzante, azione anticancerosa, azione (alito a parte) afrodisiaca (nell’antichità puzzare d’aglio era un vanto, garanzia di forza, di coraggio e di virilità), azione locale (ha effetto rubefacente e vescicatorio). L’aglio dunque è considerato un vero medico di famiglia.

Nella medicina popolare

Ma, là dove questa pianta magica, famosa fin dalle epoche più antiche, assume una importanza notevole è nella medicina popolare e nelle pratiche contro gli scongiuri, capace com’è per le doti straordinarie che possiede di tenere lontani eventi negativi e malattie di qualsiasi genere.  

L’aglio è il re dei controveleni. Mangiato crudo è il vermifugo per eccellenza tant’è che ancora oggi per questa spiccata proprietà antielmintica trova largo impiego ovunque. Nelle classi popolari se ne fa anche uso topico accompagnato da precisi rituali: strofinamenti di aglio sotto il naso; cataplasmi d’aglio pesto o impasti di aglio e midollo di pane a forma di ciambella da applicare sull’ombelico e sul ventre; unzioni d’aglio pesto con olio alle fosse nasali ed alle tempie; applicazioni al collo di collane con spicchi d’aglio un po’ pestati (a questa pratica sono attribuiti poteri vermifughi veramente notevoli sia perché con tale sfilza d’agli sotto il naso il puzzo per i vermi, e non solo per essi, è assolutamente insopportabile e sia perché, essendo gli agli disposti in forma di corona, all’efficacia intrinseca del rimedio si aggiunge la notevolissima virtù apotropaica della corona stessa). C’è chi arriva a mettere teste d’aglio, a scopo precauzionale, nelle culle dei bambini.

Oltre al questa potente azione antiverminosa, l’aglio, ha altre proprietà curative: pesto assieme a menta ed aceto diventa un potente disinfettante; guarisce le ulcerette della cornea e il polipo degli occhi: si tocca la testa del polipo con uno spicchio d’aglio sul quale è stata incisa una piccola croce e segnandosi tre volte si recita in ginocchio un’orazione ad hoc; strofinato, guarisce dalla puntura dello scorpione; preso per bocca o applicato sulla ferita guarisce dalla rabbia; libera dalla colica intestinale: col mignolo della mano destra si unge il ventre con aglio pesto; sotto forme diverse guarisce dal colera (vedi sopra): si mangia sempre a digiuno: pesto o a spicchi interi, da solo o infuso in aceto oppure si applica sull’ombelico; fa passare il raffreddore e allevia la sinusite: si fiutano i vapori di aglio bollito in acqua calda (suffumigio); contro la renella si ingoiano gli spicchi interi di un bulbo d’aglio completo; fa passare la paura: basta ungere d’aglio l’orlo di un bicchiere e applicarlo all’ombelico; l’aglio cura infine l’epilessia, la tosse, il mal di denti, la febbre quartana, il mal d’orecchi, il prurito; serve pure a curare alcune patologie degli animali domestici. 

Pratiche e scongiuri

L’aglio è il re delle  contromalie. E’ credenza che il diavolo, personificato dal vento, il 1° maggio con tutta la sua corte si diverta a correre per l’aria. Per evitare di incontrarlo ci si premunisce mangiando qualche spicchio d’aglio crudo il cui cattivo odore fa fuggire gli spiriti maligni. Un detto recita: “Di lu fetu di l’agghia, macàri lu diavulu si nni scantau” (Pitrè, 1888). Inoltre, protegge dai temporali e, se comprato il 24 giugno, giorno di san Giovanni, protegge pure dai vampiri.

Se l’aglio annulla la forza di attrazione della calamita, al contrario, esercita una grande forza attrattiva per le streghe e se una di queste maliarde durante il volo ne sente l’odore, come per incanto ne è attirata e si dirige a tutta birra verso la fonte dell’odore-puzzo.

Contro il malocchio e la iettatura oltre all’aglio sono tantissimi gli amuleti e le pratiche messe in atto dal popolo. Il rimedio principe è il ferro, se poi è ferro di cavallo tanto meglio. Il non plus ultra del “toccare ferro” è il toccamento (per gli uomini) degli organi genitali:“Corna e curnicchi picculi,/ curaddu lavuratu,/ Spilli e pindenti d’ambira/ ‘Na pezza russa allatu,/ Un ferru senza tempira,/ ’Na chiavi masculina/ ‘Na testa d’agghiu frivula/ ‘Na pezza cilestrina,/ Ma quannu poi, a lu massimu,/ Ca non cci giuva nenti,/ ‘Na stritta di tisticuli/ E passa certamenti” (Pitrè, 1888). Come si vede anche qui l’aglio non manca come non manca in un’altra filastrocca, sempre riportata da Pitrè, che passa in rassegna, anche questa, gli antidoti contro il malocchio e la iettatura: “Corna curnicchia, l’agghiu atri spicchia, lu gnuri ‘ntra lu cocchiu, ‘nfirrettu dintra l’occhiu…” (Pitrè, 1913).

         Il grande studioso palermitano nel suo “Gli scongiuri del popolo siciliano” descrive una pratica “contro la fascinazione” dove l’aglio è protagonista assieme all’olio e al sale:-“Siamo di sera: Una comare si segna tre volte: cava di tasca un grosso spicchio d’aglio, se lo stropiccia tra le dita, e lo soffrega ripetutamente alla gola, sotto il naso, sulle tempia della donna che vuole sfatturare. Altra comare che fa da aiutante, trita in minutissimi pezzi l’aglio che resta, e lo butta in una catinella d’acqua aggiungendovi tre pizzichi di sale e poche stille di olio d’oliva… la sofferente viene spogliata ignuda come nacque. Le due donne le lavano con quell’acqua le giunture e pronunziano sempre parole inintelligibili, che vogliono essere esorcismo…: Sali agghiu e ogghiu: nesci, fattura, cà fora ti vogghiu…”.

Per i filtri d’amore si usa il pentolino, pignatieddu, nel quale la fattucchiera manipola vari ingredienti, tra i quali l’aglio e il vino, affinché quel tale arda di desiderio per la donna a lui interessata: “Pigghiu stu pignateddu, Pri fari a N. N. firriari u cirivieddu; spiritu e agghi ci vogghiu mittiri ca lu so’ senziu ci vogghiu addumari…” (Bonomo, 1978).

 I Siracusani, bimestrale di storia, arte tradizioni, agosto- settembre- ottobre 2005 n.56